Dopo l’ascesa di Pompeo (di Giovanni Galeone)
Quando lanciò l’autocandidatura su FB non molti avrebbero scommesso che di lì a qualche decina di mesi Pompeo sarebbe asceso alla massima carica cittadina.
Invece con una linea politica che non poco ha ceduto al populismo, un‘alleanza antipartitica e aperta senza limiti ai movimenti civici di qualunque provenienza, con lo slogan “diamoci una mano”, più invocativo che progettuale, con un nemico individuato nell’Amministrazione uscente e soprattutto nel PD, con l’accordo di ferro Vizzino-Matarrelli, Pompeo alla fine l’ha spuntata.
Dopo il passaggio di consegne, ha preso possesso dello scranno più alto, ha scelto addetto stampa e consigliere politico ai più alti livelli, la giunta è stata nominata con non poche sorprese, giovani, belle, ed esterni, il Consiglio ha tenuto la prima seduta dove Pompeo ha giurato ed ha eletto Giuseppe Semeraro Presidente del Consiglio comunale, la Festa della Protettrice si è svolta mantenendo le sue tradizioni nonostante la crisi, ed ha visto il doppio esordio del nuovo vicario foraneo don Gianluca Carriero e del neosindaco. Pompeo dopo l’invocazione terrena del fattore C all’indomani della vittoria elettorale, sulla cassermonica ha richiesto anche l’invocazione celeste: “la Matonna cu mi iuta”. Speriamo che entrambe siano accolte.
Il Sindaco e la nuova Amministrazione sembrano supportati da una maggioranza solida, da un buon entusiasmo e da un consenso benevolo e generalizzato nella città, la cosiddetta luna di miele che accompagna l’inizio di ogni nuova esperienza amministrativa.
Tutto bene dunque? Si e no. Non proprio. Non del tutto.
La giunta degli esterni è stata indigesta a molti dentro la coalizione, l’insoddisfazione è stata dissimulata, ma in Consiglio Comunale qualche malumore è già venuto fuori, molte le aspettative deluse, molti scalpitanti hanno dovuto mordere il freno, assessori mancati e consiglieri aspiranti dopo un’intensa campagna elettorale hanno dovuto fare buon viso a cattivo gioco. Bisognerà vedere alla distanza la tenuta della maggioranza, cosa faranno i neo assessori, come si rapporteranno con i gruppi e quanto saranno realmente sostenuti. C’è da dire che non esistono molti precedenti favorevoli di giunte con assessori esterni, ed è difficile dire se non esistessero competenze altrettanto qualificate tra i consiglieri e i candidati che hanno messo la faccia . Il sindaco ha difeso in Consiglio le sue scelte parlando di atto politico, ma la sua mi sembra una scelta in linea con l’immagine inedita che si è costruito con la sua discesa in campo, non il consigliere ed assessore con più legislature alle spalle, non il vendoliano di ferro a forte caratterizzazione politica, non il simpatizzante di suggestioni minoritarie tipo la decrescita felice, ma un Pompeo movimentista e semigrillino, di rottura con il passato più recente, aperto a qualunque apporto e fuori dagli schemi ideologici, con un richiamo costante ai giovani, capace di generare più entusiasmo e passione che idee programmatiche vere. Non tutti tra i vecchi compagni di Pompeo hanno condiviso questa linea, ma questa è un’altra storia.
Gli interrogativi però sono molti, certamente sarà difficile che l’attuale quadro politico possa rimanere stabile per molto tempo, troppe le incognite soprattutto esterne, i riassestamenti della politica nazionale e soprattutto la ricollocazione del parlamentare Matarrelli, attualmente senza partito, inoltre la situazione finanziaria degli Enti Locali continua a rimanere molto difficile e fare le nozze con i fichi secchi sarà sempre più improbabile.
Il risultato elettorale ha evidenziato oltre all’affermazione di Pompeo, l’elezione del consigliere regionale Mauro Vizzino, che si è certamente giovato del sostegno decisivo di Toni Matarrelli, che abbandonati gli antichi compagni della sinistra vendoliana, ha portato i suoi voti sul giovane esordiente, lontano dalla sinistra antagonista e figlio di un potente sindacalista che a sua volta ha dato l’appoggio decisivo per la vittoria di Molfetta. Un patto di ferro che controlla ed egemonizza l’attuale maggioranza.
Il voto ha segnato la sconfitta del Pd, che pur isolato ha comunque dimostrato solide radici, ha ridimensionato le aspettative dell’ammiraglio Emilio Guarini, la figura nuova di questa tornata elettorale, che affacciatosi da qualche anno sulla scena cittadina senza opzioni politiche predefinite e con evidenti ambizioni leaderistiche, si è poi rapidamente spostato a destra, stante anche la situazione di fatto; generosa la prova di Sabrina Didonfrancesco per Forza Italia e di Danilo Facecchia per il M5Stelle, ma infruttuosa anche per limiti evidenti, chiaramente emersi nella campagna elettorale.
Ma quali gli scenari per il prossimo futuro? Certamente una riorganizzazione si rende necessaria nel centro destra dopo le clamorose divisioni del recente passato. Mesagne Futura, l’associazione di centro destra staccatasi da Forza Italia ed entrata a sorpresa nella coalizione “Diamoci una mano”, con il 3,92% non ha colto certo un gran risultato, in compenso è risultata la formazione meglio premiata: l’indicazione di un assessore esterno e la Presidenza del Consiglio. Ma al di là di queste acquisizioni che appaiono personali, rimane una domanda ineluttabile che forse il tempo renderà più stringente: ma un militante di centro destra per quale motivo ideale deve riconoscersi in un’alleanza egemonizzata dal duo Matarrelli-Vizzino?
Le altre formazioni di centro destra sono rimaste escluse dal Consiglio comunale e l’ammiraglio è riuscito a portare nell’assise comunale oltre a sé stesso il veterano Carmine Dimastrodonato, sarà difficile tuttavia che un rilancio del centro destra avvenga attorno alla figura del maturo militare mesagnese.
La vera scommessa riguarderà invece la tenuta dell’inedita alleanza trasversale messa in piedi a sostegno di Pompeo, e soprattutto la solidità dell’asse Vizzino-Matarrelli. Ma mentre Vizzino, uomo politico avvezzo a cogliere le migliori opportunità in ogni momento, si è costruito per adesso un importante avamposto locale e regionale, Matarrelli ha una situazione più delicata perché prima o poi dovrà scegliere un approdo, e la scelta non sarà ovviamente senza conseguenze, se l’abbandono di Vendola ed il sostegno alle posizioni governative gli ha procurato aspre critiche tra i suoi ex compagni nel territorio regionale, nella sua città il parlamentare ha tenuto i suoi consensi dirottandoli dove ha voluto. Oggi si sta aprendo un nuovo cantiere nella sinistra critica, tra Civati, Fassina, Vendola, Ferrero, ma l’operazione non sembra di grande respiro. Tuttavia anche un eventuale approdo al Pd renziano appare un salto non poco ardito per chi ha una storia antagonista, basti anche leggere le cose quasi inenarrabili che sui social network, scrivono i sostenitori locali di Matarrelli, su Renzi e il suo Pd, più o meno il peggio del peggio. Senza contare che dovrà essere sciolto anche il nodo dei rapporti con il Pd locale, tema che non può essere risolto con qualche operazione di vertice a Roma o a Bari.
Infine il Pd, messo in un angolo, in una partita difficile già in partenza, certamente ha subìto una sconfitta, sebbene onorevole, dopo il voto l’unico partito mesagnese ha tenuto un serrato confronto interno, come al solito appassionato e partecipato. Per alcuni la posta in gioco nel Pd mesagnese è costituita dallo scontro tra vecchi e giovani, ma questa è una lettura ingenua, superficiale e semmai interessata. Non è questa la vera partita, la posta in gioco è tra un partito che difende la sua autonomia culturale e politica, che mantiene e rafforza il livello di confronto critico e libero che in pochi possono vantare, ed un partito trasformato in un comitato elettorale al servizio di qualche potente con il quale magari mettersi d’accordo per qualche ricaduta istituzionale e/o di potere.
Tempi difficili per gli idealisti e i coerenti, oggi pagano di più i populismi, gli opportunismi, le furberie. Come diceva Albert Camus, “quando la speranza non c’è più, bisogna inventarla”.
Giovanni Galeone