Dipietrangelo: per Brindisi è urgente recuperare un minimo di coerenza e progettualità

Se a Brindisi si continua a navigare a vista il rischio di andare a sbattere è sempre più imminente.

Anche le stesse eccellenze, i dati positivi che si registrano in alcuni settori e in alcune aree come il turismo o le filiere di qualità dell'agroalimentare, vengono annullate dalla totale assenza di visione, di regia, di coordinate.

Le istituzioni prive ormai di risorse e governate da un ceto politico che si va caratterizzando sempre più come litigioso, approssimativo, mediocre e inconcludente, non riescono ad unire e a proporre, a rappresentare le comunità di riferimento. Vivono di emergenza in emergenza e bene che vada, quando ci sono buoni funzionari pubblici, riescono a dare qualche soluzione e a garantire, a mala pena, l'ordinaria amministrazione.

A Brindisi, poi, di fronte alle tante questioni aperte si ha l'impressione di una inadeguatezza strutturale che sta alimentando un diffuso disinteresse, fatto anche di silenzi di quella che una volta veniva chiamata la società civile e di quelli della stessa chiesa locale, malgrado la forza innovativa e rivoluzionaria di Papa Francesco. Tutti, chiusi nelle proprie caste e corporazioni, a vivere nei propri settori/affari senza un minimo di legame comune, di visioni d'assieme, di interesse generale.

Imprenditori, sindacati, professioni, quello che è rimasto dei partiti politici, chiesa locale, istituzioni sembrano che abbiano abdicato a parlare, a proporre, a interessarsi del bene comune. Si sta assistendo, soprattutto nella città di Brindisi, ad una sconcertante rassegnazione collettiva.

Si parla d'altro. Non so quanto possa interessare, per esempio, ai brindisini, rispetto ai problemi che ogni giorno devono affrontare, il confronto interno al Pd o i rapporti di forza che il sindaco ostenta per legittimare una maggioranza politica fatta di indistinti e di singoli raccoglitori di voti che periodicamente si ricattano e si minacciano reciprocamente.

Si è persa autorevolezza e credibilità. Nasce forse anche da questa amara constatazione il disinteresse e la rassegnazione? Forse sì. Ma questa è la condizione drammaticamente più favorevole per distruggere ogni possibilità di futuro. I giovani vanno via anche per questo, oltre che per la mancanza di lavoro.

In città, malgrado qualche timido tentativo che si ferma però alla denuncia di ciò che non va, si sta assistendo ad un vero e proprio sfaldamento e ad un continuo cambiamento di posizioni da parte soprattutto di chi dovrebbe garantire qualche certezza amministrativa e politica. Non si capisce dove sta la regia o la governance dei processi decisionali, la responsabilità dei decisori. 

Il sentirsi parte di una comunità o l'interesse/bene comune non appassiona più nessuno? Tutti a cercare soluzioni parziali e momentanee. La questione industriale brindisina è l'emblema di questa disperata e contraddittoria situazione. Risposte raffazzonate e dettate dalla contingenza prevalgono su qualsiasi idea coerente di sviluppo.

Si ha una idea di quella che è oggi la situazione? Si ha una cognizione di ciò che può essere il futuro dell'attuale assetto produttivo industriale e delle sue compatibilità e sostenibilità ambientale? Ormai non è più rinviabile fare il punto sull'industria brindisina, sulle sue prospettive, su quello che si deve e si può fare. Coerenza e coordinamento sono però indispensabili per evitare di far diventare territorio e istituzioni locali una specie di carta assorbente di quello che si scrive e si decide altrove.

Il futuro non può essere la somma di ciò che sono le convenienze o gli interessi di singoli gruppi industriali o di gruppi sindacali attardati ancora alle vecchie logiche di uno sviluppo fatto di impianti invasivi e, dal punto di vista ambientale, ormai incompatibili con il territorio. E non possono essere vecchie logiche e superati strumenti di politica industriale a condizionare il bisogno di innovazione e di nuova industrializzazione.

Non si può un giorno reagire in maniera forse più che eccessiva per la scarsa considerazione che un gruppo come l'Eni ha del territorio e del suo massimo rappresentante e poi accontentarsi di una visita di una delegazione di dirigenti Eni per accettare senza spiegazioni probanti le cause e gli effetti delle continue sfiammate degli impianti dello stesso gruppo .

Con l'Eni si deve trattare senza intermediazioni compiacenti non solo per eliminare le cause delle sfiammate ma anche per sapere quali investimenti per il futuro della chimica brindisina che non può rimanere inchiodata a quella del petrolio ma, come sta avvenendo altrove, dovrebbe e potrebbe prevedere anche una parte di quelli relativi alla chimica verde.

Così come è necessario trarre tutte le conseguenze dalla decisione più volte assunta per la chiusura della centrale Edipower destinando il sito all'area portuale e ad investimenti leggeri e non certamente per chiudere il ciclo dei rifiuti. Chiarezza e fermezza su questo sito sono necessarie per sconfiggere i continui tentativi nazionali e locali per far rientrare dalla finestra ciò che forse apparentemente è uscito dalla porta.

E a proposito di questo impianto, quando comincia lo smantellamento? Ne va di mezzo anche l'autorevolezza e la credibilità di chi come il sindaco, assieme al consiglio comunale, hanno più volte assunto questa decisione. Chi la fa rispettare?

Così come per l’Enel, dopo i necessari investimenti decisi per ambientalizzare i suoi impianti e per dotarli, dopo i danni del passato, di una infrastruttura in grado di limitare la dispersione delle polveri causate dalla movimentazione del carbone, è arrivato il momento di riconsiderare la presenza di questo gruppo non tanto come una sorta di bancomat per promozioni e sponsorizzazioni di eventi.

L’Enel è un grande gruppo industriale presente a Brindisi da più di 50 anni, è uno dei maggiori gruppi energetici mondiali, oltre che sottoporlo con coerenza e rigore ai vincoli di legge e al rispetto ambientale, perché non impegnarlo anche a Brindisi sul fronte della ricerca, della innovazione, della efficienza energetica? Per l'Ue il 2030 sarà il termine ultimo per produrre ancora energia con il carbone.

Che fine farà il sito di Brindisi tra 15 anni? Una governance lungimirante e autorevole dovrebbe cominciare a porsi questo interrogativo. Invece di vivere alla giornata e di sfornare comunicati in continuazione, di annunciare accordi di programma pensati solo per razionalizzare e per accettare quanto già deciso altrove, è urgente recuperare un minimo di coerenza e di progettualità a partire dall'apparato industriale brindisino, il cui futuro, se si esclude quello aeronautico, non è più tanto certo. Per questo bisogna recuperare in coerenza, in determinazione e in visione. Ma il Piano Urbanistico Generale non doveva essere questo? Ma questa è un'altra storia su cui bisognerà ritornare. 

Carmine Dipietrangelo

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