Dipietrangelo: “Prendersi cura di Brindisi prima che sia troppo tardi”

In più occasioni, l’ultima la presentazione dell’interessante libro di Antonio Caputo su Brindisi capitale d’Italia, il prof. Giacomo Carito ha definito Brindisi “città provvisoria”.

Le argomentazioni storiche con cui, da tempo, lui sostiene questa definizione mi sono apparse sempre convincenti oltre che intriganti dal punto di vista storico sociologico, economico e antropologico. Questa lettura potrebbe, a mio parere, aiutare anche a capire la Brindisi di oggi.

Una città che fa fatica da tempo a ritrovarsi, a vivere come comunità dalle identità definite e molte volte anche incapace e pigra a valorizzare le proprie risorse e la propria collocazione.

Sulle considerazioni storiche sviluppate da Carito, LeftBrindisi intende avviare con lui una riflessione a più voci coinvolgendo altri storici e alcuni economisti assieme ad attori della vita sociale, istituzionale e produttiva della città.

L’intento è quello di dimostrare che si può superare la provvisorietà recuperando fiducia in se stessi, sconfiggendo quell’apatia e quell’indolenza latente, ricostruendo una identità di comunità proiettata verso il futuro, liberata dalle dietrologie e da quei pettegolezzi utili solo ad alimentare invidiosi micro interessi e insopportabili litigiosità.

La “città provvisoria” e’ stata ed è frutto di marginalità, di contraddizioni e utilizzazioni imposte ad essa dall’esterno e stratificatesi nel corso dei secoli.

Una città decisa da altri e utile ad altri.

La utilizzarono così i romani, i crociati, i normanni e gli aragonesi, gli inglesi con la valigia delle indie, l’ha utilizzata così l’industrializzazione petrolchimica degli anni ’60,per non parlare delle conseguenze sulla città delle scelte energetiche degli ultimi anni o quelle relative al porto.

Sono certamente riferimenti, questi, storicamente grossolani ma che potrebbero dare un senso e un contesto storico a quelle che poi abbiamo chiamato più recentemente, scelte calate dall’alto. Da essi si può evincere come Brindisi sia stata sfruttata e utilizzata facendo crescere una città priva di autonomia, bloccata e impedita a pensarsi come comunità e come tale protagonista del proprio futuro.

Brindisi si è sempre adeguata, aiutata da ascari in servizio permanente effettivo, a scelte pensate altrove e da altri così come alle relative fortune e disgrazie che esse storicamente hanno determinato sul territorio e sul suo vissuto.

Scelte che, nella storia, hanno fatto di Brindisi più che una città un luogo di passaggio da sfruttare e poi abbandonare.

A sussulti di sviluppo sono storicamente seguiti periodi, anche lunghi, di ristagno e di regresso sociale, demografico, produttivo. Di questo passato, remoto o recente, Brindisi preferisce ricordare solo le parti buone e positive rimuovendo spesso le responsabilità e le conseguenze dei disastri che ha dovuto subire.

Sui passaggi e sui salti che Brindisi ha avuto o subito nella sua millenaria storia ne parleranno gli storici che saranno coinvolti nell’iniziativa di Left che ci auguriamo non venga vista come dietrologica o denigratoria del quieto pensare brindisino.

Le conseguenze di questa storica provvisorietà sull’attuale vita e futuro della città hanno raggiunto oggi un livello di guardia delicato e pericoloso e su cui non c’è ancora adeguata consapevolezza e rischiano di essere gestite da classi dirigenti inadeguate, mediocri, pasticcione e come tali ancora più subalterne ai poteri (a Bari o a Roma che sia) che si organizzano fuori e sulla testa dei brindisini.

Il vecchio modello di sviluppo che ha segnato la recente storia economica ed industriale(chimica,energia) della città e’ in fase di esaurimento e superamento. I livelli di disoccupazione sono tra i più alti dell’Italia e che non erano mai stati di questa dimensione(il 35%!) sono la conseguenza e la conferma di uno assetto produttivo che non crea da tempo occupazione e sviluppo.

Le riforme istituzionali di questo governo stanno ridisegnando l’assetto istituzionale e organizzativo dello stato(eliminazione delle province, accorpamenti delle camere di commercio e delle prefetture, delle autorità portuali, elezione indiretta e riduzione dei rappresentanti del senato).

La nuova legge elettorale, l’Italicum, ha ridisegnato i collegi elettorali allargando quello di Brindisi, per un terzo, ai comuni del nord leccese. Dalle prossime elezioni politiche la sua rappresentanza parlamentare dovrà fare i conti anche con i leccesi.

Tutto questo avrà delle conseguenze sul ruolo e sul futuro della città di Brindisi? Penso proprio di sì. Si può avviare e organizzare su tutto questo una discussione coraggiosa, pacata e aperta? Può nascere su queste riflessioni e su questa fase della vita e della storia della città, un civismo attivo e mobilitante di tutte le risorse e intelligenze disponibili?

Di questa città, “hic et nunc”, bisogna prendersi cura, tutti, e prima che sia troppo tardi.

La città sta entrando in un cono d’ombra da cui va aiutata ad uscirne.

Il rischio che la palude, l’indistinto, gli interessi dei soliti furbi e gli speculatori delle sue disgrazie, prevalgano sulla urgenza di governare con rigore e lungimiranza questa fase, sul bisogno di riscatto e di rinascita di una città che da “provvisoria” diventi smembrata e desertificata. Non può essere solo la politica, tra l’altro, screditata, o i tradizionali ceti dirigenti ad organizzare e gestire questo difficile passaggio. È necessario un ampio coinvolgimento culturale, sociale e civico combattendo innanzitutto il parassitismo di coloro che sono cresciuti senza dare mai niente alla città e quell’atteggiamento presuntuoso e altezzoso di quei ceti professionali sempre pronti a cercare benevolenze o incarichi ai potenti di turno per poi “pettegolare” nei propri salotti contro tutto ciò che non va in città.

La città, come non mai e più di qualsiasi altra realtà, ha bisogno di una riscossa civica anche per non essere schiacciata, come sta già avvenendo, dal neocentralismo statale e da un neocentralismo “baricentrico” regionale.

La “città provvisoria” di cui parla il prof. Carito, nella fase di profonde riforme istituzionali, amministrative e organizzative, di ricollocazioni produttive, di globalizzazione in atto e dopo la lunga recessione, può diventare la “città emarginata e perduta” come è già successo in altri periodi della sua storia. Spetta ai brindisini prendersi cura della propria città e rilanciarne ruolo e prospettiva.

Il futuro della città potrà essere solo quello che da essere storicamente una città utile agli altri(per poi essere abbandonata) si diventi anche e innanzitutto utile a se stessa. Avremo modo di approfondire in un altro intervento questo impegnativo passaggio.

La politica e questa politica brindisina da sole non ce la faranno e non ci aiuterà nessuno. Dipenderà molto da ognuno di noi, dalle nostre intelligenze e dal nostro civismo democratico e partecipato ma anche da quanto la “città provvisoria” ha seminato e sedimentato.

Si è chiamati ad abbandonare le “cittadelle delle comode certezze e le presunzioni che ognuno si porta dietro se si vuole dare una mano a Brindisi in uno dei più difficili momenti della sua storia. E allora quale migliore occasione per rinnovare a Brindisi la politica e dare ad essa una visione e una funzione più alta rispetto al pragmatismo trasformistico e opportunistico in cui è ridotta! E la sinistra avrebbe molto da dire e da fare.

E non scambiate queste riflessioni come eccessivamente pessimistiche o catastrofistiche, sono, purtroppo,solo realistiche e cariche di speranza.

Carmine Dipietrangelo

Presidente LeftBrindisi

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