Se ci fosse un partito (di Carmine Dipietrangelo)

C'erano una volta i partiti, organizzati e popolari, che pur con i loro limiti, riuscivano a indirizzare, a farsi rispettare e a interloquire,

rappresentandole, con le esperienze e le sensibilità di tanti uomini e donne con la passione della politica e con grande attaccamento ad idee forti. Quei partiti ricostruirono l'Italia e la fecero diventare uno dei Paesi più avanzati nel mondo, la quinta potenza mondiale. Il popolo italiano, dividendosi, in essi si riconosceva e verso di essi rivolgeva la propria fiducia.

Questi partiti non ci sono più, sono stati travolti dalla storia oltre che dai loro errori e dall'orgia del potere che li aveva allontanati da tempo dalla realtà e dai mutamenti in atto nella società. Nessuno li può rimpiangere. Ma dalla loro storia e da quella esperienza si può trarre qualche insegnamento per l'oggi e per il futuro oltreché per la qualità della democrazia italiana.

Tra questi partiti ce ne era uno di sinistra che si era dato l'obiettivo, riuscendoci, di costruire una sezione per ogni campanile e nei paesi più grandi più sezioni per consentire una partecipazione capillare e una presenza organizzata al servizio di quartieri, rioni, comunità. Ogni sera, questo partito era frequentato da iscritti e simpatizzanti(così si chiamavano i non iscritti) ed era luogo di incontro e di confronto di tanti che sentivano il bisogno di sapere e di partecipare alla vita della propria realtà, alla vita della gente.

Si discuteva di tutto, delle questioni internazionali e di quelle nazionali, passando da quelle locali, di quartiere, di strada. Questo partito aveva dirigenti autorevoli e funzionava attraverso comitati direttivi non pletorici che programmavano il lavoro politico da svolgere: incontri sull'amministrazione locale, volantinaggi davanti ai posti di lavoro (soprattutto le fabbriche), alle scuole, al mercato o persino casa per casa. Era il modo di costruire contatti, ascoltare e far conoscere la posizione del partito sui temi ritenuti, in quel momento, rilevanti e importanti. Era anche un modo per fare proselitismo e nuove adesioni.

Gli iscritti di quel partito non si facevano all'ultimo momento utile per contarsi al congresso che era, invece, un momento alto, un'occasione per discutere di politica.....e non per appropriarsene con il solo scopo di utilizzarlo per le ambizioni elettorali dei dirigenti. Fare o farsi una tessera a quel partito era un impegno. Ricordo che per fare la tessera del Pci a Paolo Merola, un caro compagno scomparso prematuramente nei giorni scorsi, militante nei primi anni ‘70 del "Manifesto", dedicai quasi due anni, per convincerlo ad iscriversi, altro che tesserati ignari e intruppati!

Questo partito, poi, aveva l'abitudine di fare ogni due-tre mesi, assemblee a cui partecipava un dirigente provinciale o persino un dirigente nazionale. Qualche volta veniva invitato un esterno, un intellettuale, un giovane studioso che veniva chiamato per approfondire un argomento. A queste riunioni e assemblee venivano invitati periodicamente gli eletti ai vari livelli istituzionali, era un modo per dar conto della loro attività ma anche per sottoporsi ad un "controllo democratico".

In queste assemblee si confrontavano posizioni diverse e si dialogava con la società e con i fermenti e i bisogni in essa presenti. Certo si discuteva molto, tutti volevano parlare e tutti pretendevano sentirsi rispettati e considerati. Questo partito aveva l'ossessione dell'unità e della sintesi delle posizioni, dei punti di vista in esso presenti e che si esprimevano apertamente nelle riunioni. In questo partito, se si avevano incarichi pubblici, si stava molto attenti a non esporsi troppo in frequentazioni con persone i cui legittimi interessi potevano interferire con l'ente in cui si avevano incarichi pubblici.

In questo partito per essere candidati a qualsiasi carica era necessario aver dimostrato innanzitutto passione politica ,serietà e persino avere qualche competenza o almeno aver acquisito qualche esperienza in modo da portare un contributo reale nel consesso in cui si sarebbe andati a rappresentare i cittadini. Questo partito metteva al primo posto l'esigenza di avere un progetto condiviso per governare la propria città e l'Italia. Quindi, c'era un partito dove addirittura era assai raro diventare consiglieri, sindaci o altro ancora senza un retroterra che lo giustificasse.

Questo partito non ricorreva alle primarie ma era molto attento a presentare buone candidature e svolgeva ampie consultazioni e faceva molte verifiche finendo spesso per selezionare il più meritevole, il più bravo e disponibile, il più adatto a certi incarichi mortificando, molte volte, sacrificandole, ambizioni e pretese individuali. Questo partito, però, aveva anche accumulato tanti difetti, difetti di conformismo, di eccesso di gerarchia e di boria (difetti questi, ahimè, ancora maledettamente presenti e attuali!).

Questo partito aveva cura di non lasciarsi troppo influenzare dai giornali e dalle tv (internet non c'era) perché riteneva che fare politica e raccontarla fossero due mestieri profondamente diversi. Anche questo partito come gli altri di quell'epoca è stato travolto dalla storia, non ha saputo trasformarsi e adeguarsi ai cambiamenti e quando lo ha fatto ha dato solo l'impressione gattopardesca di cambiare per non cambiare, illudendosi che si potesse crescere sulle disgrazie altrui.

Qualcun altro ha poi scambiato il cambiamento con la mera sostituzione di chi fino a quel momento aveva avuto ruoli e funzioni di direzione. Alcuni dirigenti di questo, partito sono stati rottamati, altri hanno abbandonato, altri invece, con tempestività e con una buona dose di opportunismo, si sono saputi riciclare sotto l'ombrellone del renzismo! È' giusto che avvenisse così. Niente è eterno e niente è perfetto.

Il partito di cui parlo aveva esaurito la sua spinta propulsiva. Andava da tempo superato e chi lo ha diretto negli ultimi anni ha sulla propria coscienza il non averlo fatto a suo tempo, con rigore e coraggio. A me è chiaro da tempo che quel partito non poteva essere ricostruito o fatto rivivere sotto altre sembianze. Quel partito non c'è più e non ci può essere più. Nessuna nostalgia!

Ho letto nei giorni scorsi un interessante intervento, su queste stesse argomentazioni, del presidente della Toscana, Enrico Rossi, che mi paiono molto convincenti. In esso si sostiene che è diventato urgente per il Pd aprire un dibattito per definire la forma partito, le sue regole, i meccanismi per la selezione e la formazione dei suoi dirigenti se non si vuole assistere passivamente alle implosioni locali di questo partito.

Ho lavorato, negli anni passati, assieme ad altri, per superare quel partito e ho creduto che la sinistra doveva dare vita, senza perdere i suoi valori e senza rinunciare alle sue idee di uguaglianza e solidarietà umana, a un nuovo partito che ho pensato potesse essere il Partito democratico. Sono rimasto deluso e la china che ha preso questo Pd, diventato un partito dove ormai puoi trovare di tutto, non mi convince.

Penso ancora che senza partiti seri e organizzati la democrazia entra in sofferenza, così come la politica senza ideali diventa sterile e come tale destinata ad incattivirsi e a determinare un vero e proprio imbarbarimento negli stessi rapporti tra persone dello stesso partito. E la sinistra senza politica e senza partito non può vivere.

Queste mie considerazioni, che qualcuno definirà nostalgiche, ma che non lo sono assolutamente, scaturiscono dalla lettura allarmata su quanto sta accadendo nel Pd di Brindisi. In questi giorni si sta assistendo in città a multiforme posizioni di presunti rappresentanti di questo partito e a inconsulte reazioni di chi, senza storia e senza alcun retroterra politico culturale, reagisce, dalla propria collocazione istituzionale, allo sforzo coraggioso del commissario cittadino e del segretario regionale. E tutti, per darsi un ruolo, si richiamano strumentalmente a Renzi che ignaro rischia di diventare, per molti, il comodo ombrello per coprire le proprie debolezze e anche qualche nefandezza.

Per uno come me, deluso e ormai apolide di sinistra, ma ancora elettore dichiarato del Pd, ha visto, invece, nella presa di posizione dei massimi dirigenti, regionale e cittadino, di questo partito, un'occasione per far riflettere tutti e per liberarsi dalle incrostazioni organizzative e amministrative accumulatesi in questi ultimi anni attorno ad una idea sbagliata di partito e dello stare assieme e ad una amministrazione comunale nata male, gestita con caparbietà e chiusura e in maniera approssimativa, senza visione e progetto politico.

Le ambiguità e le responsabilità di alcuni rappresentanti istituzionali "autorevoli" e di presunti dirigenti del Pd che hanno prodotto e poi consentito questa situazione non possono essere ,però, rimosse o sottovalutate. Costoro sono causa ed effetto di questa situazione creatasi a Brindisi. L'idea di "partito non partito" costruita sulla doppiezza e sulla convenienza opportunistica ha prodotto solo disastri e non solo a Brindisi. L'identificazione, poi, tra partito e questa amministrazione non poteva che determinare questo risultato. Direbbe qualcuno "il morto sta trascinando il vivo".

Se posso dare un suggerimento, anche a Brindisi, come in tante altre realtà locali, senza alcun rimpianto per il passato e con un rinnovato rigore politico e culturale, c’è bisogno di un partito serio, organizzato, popolare, unito da una visione e non legato agli interessi amministrativi, affaristici e trasversali del momento, o addirittura alle convenienze elettorali degli opportunisti in servizio permanente effettivo, aperto e costruttore di un progetto per la città, condiviso o da condividere.

Un partito è un'associazione di persone a servizio di una causa e di una comunità. Quindi è una cosa maledettamente seria. La comunicazione è importante, la tv e il web sono indispensabili, il valore degli individui è insostituibile, l’apertura alla società è vitale. Ma a Brindisi di un partito serio, organizzato e popolare, diretto da dirigenti consapevoli, riconosciuti, disinteressati, nuovi e motivati c'è bisogno.

Soprattutto adesso dopo l'esperienza di questi anni che ha prodotto una disastrosa identificazione tra partito e amministrazione e che ha privato questo partito di qualsiasi cultura politica e di visione, ha allontanato militanti ed elettori oltreché uomini e donne di sinistra che hanno ancora passione per la politica.

P.S.: se ci fosse stato un partito come quello che non c'è più, quanto sta succedendo a Brindisi poteva essere evitato o affrontato con altri strumenti e dignità? Penso di sì......ma questa sì, è nostalgia.

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