A proposito del Referendum ed in particolare della chiamata all’astensione. (Tolleranza zero)

Non possiamo dichiararci democratici o addirittura tentare di riformare la Costituzione

ed il paese quando si manifesta una disdicevole e/o malcelata ignoranza.

Ricordo che in una circostanza che avevo deciso di astenermi mi recai al seggio e dichiarai la mia astensione e tale fu certificata in atti dopo una scherzosa richiesta di votare “scheda bianca” per evitare il verbale.

Quanto si è verificato in queste ultime settimane è il prodotto di atteggiamenti veramente incivili.

Si gradirebbe ricordare a quanti fanno appello alla astensione (considerata nel non andare alle urne) in particolare l’art. 48 della Costituzione recita testualmente: […omissis] Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico. […omissis]. Indubbiamente riguarda scelte personali ma siamo nel “dovere civico” e quando autorevoli personalità, pur di ottenere il risultato, siano essi politici, militari o ministri di culto si trincerano dietro l’astensione si rende opportuno, così come innanzi fatto, ricordare qualche articolo della tanto declamata Costituzione.

Circolano poi in queste ore alcuni editoriali, il più importante quello di Michele Ainis sul Corriere della sera, poi ripreso da Libero e da Huffington post nella giornata odierna ( http://www.huffingtonpost.it/2016/04/15/ainis-astensione-referendum_n_9699864.html) che viene riportato parzialmente

 

L'art.98 del testo unico delle legge elettorali per la Camera era stato anche alla base di un commento al vetriolo dello stesso Ainis nel 2005, in occasione della consultazione popolare sulla legge per la procreazione assistita.

In quell'occasione il costituzionalista si scagliava contro i prelati (Ruini in primis) che predicavano l'astensione per far fallire il referendum e cioè per mantenere in vigore quella legge 40. Andò così, ma la norma fu poi silurata in numerose occasioni dalla Corte costituzionale.

   La norma – anzi la doppia norma – stava sotto gli occhi di tutti, come la Lettera rubata di Allan Poe. Si tratta di due leggi che puniscono la propaganda astensionista se fatta da persone che ricoprono un incarico pubblico o da ministri di culto. Qualcosa che in questi giorni sta avvenendo con frequenza sempre maggiore nell’approssimarsi della scadenza del voto referendario, ma che finora è stata rivendicata come un diritto. Invece, secondo la legge, andrebbe sanzionata. Tutti possono consultare il testo di queste leggi, visitando rispettivamente il sito della Camera (www.camera.it) e quello dei costituzionalisti (www.associazionedeicostituzionalisti.it). Vediamo dunque insieme di che cosa si tratta.

   L’articolo 98 del testo unico delle leggi elettorali per la Camera afferma che chiunque sia investito di un potere, di un servizio o di una funzione pubblica, nonché «il ministro di qualsiasi culto», è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni se induce gli elettori all’astensione. A sua volta, l’articolo 51 della legge che disciplina i referendum (la n. 352 del 1970) estende la sanzione prevista dal precedente articolo alla propaganda astensionistica nelle consultazioni referendarie. Un problema – e che problema! – per i giuristi che avevano liquidato un po’ frettolosamente la questione. Un problema doppio per chi lancia appelli all’astensione dall’alto d’una cattedra, o in qualità di sindaco, ministro, presidente di un’istituzione pubblica, specie se elevata. Un problema triplo per le gerarchie ecclesiastiche, per i vescovi, per le migliaia di parroci. E, naturalmente, ignorantia iuris non excusat.

A coloro che scelgono nel rispetto delle norme di andare a votare (qualunque sia la scelta di fondo anche quella di astenersi nel seggio elettorale) da parte mia: “Buon voto”

Tolleranza zero

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