La vittoria di Macron nell’era della post-democrazia (Michele Graduata)

La vittoria, al primo turno delle presidenziali francesi, del trentanovenne Emmanuel Macron è letta in modo egemone e dominante come il risultato di uno scontro fra il Nuovo, rappresentato da un leader centrista, trasversale e senza partito e il Vecchio, impersonato dal partito socialista di Hamon e da quello gollista di Fillon.

Quando, perché e a chi giova la trasposizione dalla classica contrapposizione tra Destra e Sinistra a quella post-moderna fra Vecchio e Nuovo? Per rispondere a questi interrogativi bisogna rifarsi al mutamento di paradigma economico avvenuto nelle società occidentali a seguito della rivoluzione liberista e che è stato preceduto e accompagnato da una rivoluzione culturale che, prima, ha dissolto le vecchie convinzioni e, poi, ha imposto nuovi blocchi di potere.

         La concentrazione della ricchezza e del potere nelle mani di pochi, infatti, ha consentito la formazione di una casta di ricchi e superricchi in grado di influenzare, in modo pervasivo, non solo i singoli ma l’intera società. Analizzando questo processo, ha scritto Veblen: “L’istituzione di una classe agiata ha l’effetto non soltanto sulla struttura sociale, ma anche sul carattere individuale dei membri di una società. Non appena una data tendenza o un dato punto di vista è riuscito a farsi accettare come criterio o norma di vita obbligatoria, reagirà sul carattere dei membri della società che l’ha accettato come norma”.

         Il punto di vista che i nuovi padroni del mondo sono riusciti ad imporre nel corso degli ultimi decenni recita: “Destra e Sinistra sono ormai categorie superate” e vanno rimpiazzate con quelle post-moderne di Vecchio e Nuovo. Attraverso la classica contrapposizione fra Destra e Sinistra, infatti, appare chiaro chi reputa il nuovo ordine economico e politico come naturale, oggettivo e irreversibile e chi, invece, lo considera insopportabile per i pochi vincenti e i molti perdenti che produce. All’interno di questo schema, alla Destra viene affidato il compito di giustificare e cementare il presente stato di cose e alla Sinistra quello di ritrovare, attraverso il conflitto, un nuovo equilibrio fra gli interessi dei pochi e il destino dei molti.

         Appena la sinistra europea si è convertita alla Terza via di Tony Blair, il liberismo è dilagato nel nostro continente. Essa, infatti, partendo dall’assunto che la globalizzazione e i mercati finanziari avrebbero cambiato la vita quotidiana, in particolare nei paesi sviluppati, si arrendeva alla nuova realtà e concludeva che c’era bisogno: ”di superare la distinzione fra Destra e Sinistra e spingere verso il centro perché con la morte del socialismo, inteso come teoria di gestione dell’economia, una delle principali linee divisorie fra sinistra e destra è scomparsa almeno per il futuro prevedibile”.

         In questo nuovo contesto culturale e politico non vi era più posto per una politica antagonista fra Destra e Sinistra, perché la sua pratica avrebbe reso deboli i governi e impedito la governabilità del nuovo ordine. Il compito di entrambe si riassumeva nell’ assecondarlo attraverso alternanze di governo e mediante l’elezione di leader forti e Parlamenti subalterni.

         Solo oscurando la contrapposizione fra Destra e Sinistra si può vendere sul mercato politico Macron come un uomo nuovo, sebbene sia già stato un ex banchiere dei Rothschild, un collaboratore del governo Sarkozy nella commissione Attali per la “liberazione della crescita”, ministro nel governo del socialista Hollande e promotore di una politica economica incentrata sull’introduzione di una tassazione regressiva a tutti i livelli e una esenzione dall’imposta patrimoniale di tutte le attività finanziarie. E sull’Italia, nel Dicembre 2012 scriveva: “Oltre alle pensioni servono tagli e riforme serie a sanità, scuola, pubblica amministrazione. Alla fine anche Mario Monti si è rivelato meno riformatore del previsto”. Questo schema, dopo il ricatto politico del nuovismo, prevede anche quello morale della responsabilità rivolto a tutti coloro che, al secondo turno, non devono consentire la vittoria della Le Pen.

         E’ questa la post-democrazia che demonizza “i caminetti”, da luogo utilizzati dalla politica per ricercare un equilibrio fra gli interessi dei pochi e i bisogni dei molti, a inciuci. Essa, infatti, a differenza della democrazia, piace ai quartieri alti delle città ed è osteggiata nelle periferie, perché è interessata a mutare soltanto il vecchio personale politico preservando il nuovo ordine economico. Nello stesso tempo consente alla Destra di rottamare il conflitto, perché vecchio, e di valorizzare la rassegnazione come novità riducendo la Sinistra, che utilizza questi stessi concetti, ad una sua macchietta speculare. Solo una sinistra con una forte identità, radicale e chiara sul piano sociale, e capace di una svolta antiliberista può contenere le spinte a destra che si registrano nei vari paesi europei.

Michele Graduata

Mesagne, li 26 Aprile 2017 

 

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