Il ritorno dell’Impero (di Homo Videns)
Nei giorni scorsi, con la scusa del G7, è andato in scena il ritorno dell’impero USA. Le immagini, le riprese televisive sono state molto più eloquenti di qualsiasi discorso.
Le parole evocate comunemente dai politicanti, e poi rilanciate dai giornalisti, quali globalizzazione, nazione, America first, Europa, hanno lasciato il passo alla nuda e cruda verità: il mondo è comandato da uno ed uno solo, e si chiama Trump. Lo si sapeva già, ma veniva taciuto, addolcito; ora l’arroganza dell’imperatore lo ha reso evidente.
E alla fine dei conti, a cosa è servito l’incontro dei 7 Grandi della Terra? A ribadire che il mondo (tutto eccetto Russia e Cina) è comandato dagli Usa. Anche prima di Trump era così; anche con Obama era così. Cosa è cambiato? L’America di Obama riconosceva agli altri 6 partner un loro ruolo autonomo, una loro dignità: riconosceva sia gli Stati che l’Unione Europea; anzi, favoriva l’Unione Europea. Trump preferisce avere a che fare con i singoli Stati, che può azzittire con un segno delle dita; preferisce uccidere nella culla l’ancora infante Unione Europea.
Il viaggio di Trump nelle province dell’impero è cominciato nei paesi arabi, ai quali ha impartito la prima lezione: “non sono il presidente del mondo, lo sono degli USA; e se non fate gli interessi degli USA, fine degli affari con noi! vi lascio al vostro destino!”. E ha deciso chi sono gli arabi buoni e quelli cattivi: i buoni sono i sunniti (che sono la maggioranza, e hanno il petrolio, e possono quindi pagare); i cattivi sono gli sciiti. Il problema internazionale è che sunniti e sciiti sono in guerra fra di loro; e la conseguenza è il terrorismo (e l’ISIS è di fede sunnita), il quale colpisce ora l’una ora l’altra fazione, non dimenticando di seminare terrore nel mondo occidentale. Obama non aveva privilegiato i sunniti, Trump invece sì.
Poi è andato da Papa Francesco, col medesimo piglio bellicoso ed arrogante; l’immagine del rattristato Francesco rimarrà nelle nostre menti, a rimarcare la distanza fra una persona semplice ed un bullo arrogante.
Poi è andato a strigliare la Nato. Infine, a Taormina, ha fatto vedere al mondo che se ne infischia degli altri 6 partner; se ne è infischiato di Gentiloni, della Merkel, di tutti; lui era lì solo nella veste di imperatore: “se volete fare la foto con me, dovete aspettare i miei comodi”. Guardate qualche filmato: sembra che stia sempre a dire qualcosa alla telecamera, ovunque si trovi, sia in Arabia, o a Bruxelles oppure a Taormina; lo vedrete sempre intento a parlare a qualcuno, sia che l’interlocutore sia arabo, o francese, o tedesco, o italiano; dal labiale sembra addirittura che volesse mandare aff… l’interlocutore del momento; come poi ha dimostrato di fare nei fatti!
Non è certo così tutta l’America statunitense; ma buona parte lo è. E all’occorrenza, tutti gli USA possono essere così.
Dulcis in fundo, è andato a Sigonella. Per molti, questo nome non dice un bel niente. In realtà a Sigonella c’è la più importante base aerea USA nel mare Mediterraneo (a sostegno della sesta flotta, quella che controlla il mediterraneo); pur all’interno di un territorio italiano, l’area americana è in realtà una piccola enclave di diritto statunitense; un po’ come le enclaves dei Romani nelle Gallie o nella Bretagna. E qui Trump si è scatenato, esibendo la parte più volgare di sé, come tutti abbiamo potuto vedere: ha esibito la moglie come un trofeo, e si è immortalato iniziando il suo discorso con il gesto che in Italia vuol dire maschilismo allo stato puro. Le trovate del “fu Berlusconi” impallidiscono di fronte alla volgarità di Trump.
Cosa resta del viaggio di Trump? Resta l’evidenza solare che il G7 è in realtà un G1, che noi – ossia Italia, Francia, Spagna, Germania, ecc., – siamo sudditi di un unico imperatore. Servirà forse a dimostrare con evidenza solare la necessità degli Stati Uniti d’Europa; servirà forse a dimostrare l’inconsistenza concettuale dei politicanti nostrani che fanno riferimento al nuovo imperatore.
I giornalisti (ovvero giornalai) italiani, le tv, i commentatori si sono affannati a definire il vertice come G zero, oppure come G1 contro G6, sempre cercando formule edulcoranti. La realtà, però, si impone in modo lampante, nell’era dell’immagine. In questo dobbiamo dire grazie a Trump: si è mostrato per quello che in effetti è.
Homo Videns