L’eredità di Enrico Berlinguer (di Giovanni Galeone)
Sono passati 33 anni dalla scomparsa di Enrico Berlinguer e la figura del leader comunista ritorna periodicamente nel dibattito politico contemporaneo.
Martedì prossimo in Piazza IV Novembre a Mesagne alle 18,30, organizzato da Art. 1 MDP, ci sarà un incontro di approfondimento sul tema “Berlinguer, questione morale e riforma della politica” con la presenza di Pietro Folena, già leader nazionale della Fgci. Sono stati molti in questi decenni i tentativi di rivendicazione dell’eredità di Berlinguer, da quelli che hanno proseguito l’evoluzione del PCI in PDS-DS-PD, a quelli che hanno dato vita negli ultimi 30 anni alla galassia della sinistra radicale antagonista, spesso discendente dalla sinistra extraparlamentare o quasi che pure negli anni ’70 contestavano vigorosamente Berlinguer, per arrivare ai giorni nostri in cui anche il M5S lo iscrive nel suo pantheon in una commistione confusa con leader di segno opposto. Potrà sembrare strano, ma in queste rivendicazioni talora confuse ed incoerenti se non proprio provinciali, si rivelano aspetti della modernità della lezione berlingueriana. La sua è una lezione complessa e non esistono eredi legittimi, certi e riconosciuti.
Alcuni aspetti salienti della sua complessa azione politica vanno sottolineati. Berlinguer, uomo del suo tempo, seppe cambiare il campo politico internazionale di appartenenza al PCI, lo spostò dal movimento comunista internazionale, ormai ai primordi di una crisi irreversibile e lo pose nell’alveo del socialismo europeo, non cambiò il nome ma cambiò il campo, non fu poco per quei tempi, quella scelta fu propedeutica al processo di modernizzazione della sinistra che ebbe il suo culmine nella svolta della Bolognina. Qui si aprirà un’altra storia.
La questione morale da lui esplicitata negli anni ’70 in una celebre intervista ad Eugenio Scalfari, apparve di lì a poco di una modernità profetica che mantiene la sua freschezza anche nell’Italia contemporanea, smarrita e sfiduciata proprio a causa del germe mai risolto della corruzione. Ecco che Berlinguer ritorna ad essere periodicamente un riferimento di saldezza e disinteresse personale per chi voglia sottrarsi alle degenerazioni del sistema politico.
Il senso dello stato. Berlinguer appartiene a una generazione di politici, cosiddetti della Prima Repubblica, che pur tra molti limiti e responsabilità innegabili, aveva un livello culturale di primissimo piano e un senso dello stato che si è rivelato comunque prezioso e spesso decisivo per la nostra storia e che è difficile riscontrare oggi. Berlinguer ha tenuto la barra dritta e senza cedimenti negli anni drammatici del terrorismo, ha affrontato con piglio moderno e progressista questioni politiche di fondo, la questione cattolica, la questione femminile, le questioni internazionali, ha dato la spinta decisiva per la modernizzazione del paese su temi come il divorzio e l’aborto, ha sempre difeso e lottato per il miglioramento delle condizioni delle classi subalterne.
Naturalmente nella sua opera sono riscontrabili anche dei limiti, paradossalmente nel momento della sua scomparsa portò il Pci ad essere il primo partito italiano nelle elezioni europee del 1984 e pur tuttavia quel partito che di lì a poco perse il referendum sulla scala mobile appariva collocato in un vicolo cieco, privo di sbocchi politici e ai primordi di una fase di notevole complessità critica. A quel punto le scelte politiche erano ormai nelle mani di altri protagonisti politici.
Giovanni Galeone