Avviso ai naviganti: "attenti alla carica dei soliti noti" (Vittorio Bruno Stamerra)
Avviso ai naviganti, a chi, da diverse settimane ormai, è impegnato nella “navigazione” per riuscire finalmente a dare a Brindisi un’amministrazione civica stabile, efficiente e trasparente.
A parole sembra la cosa più facile del mondo, nei fatti nonostante l’impegno di tanti, si naviga ancora al buio e si rischia l’ennesimo naufragio mentre la nostra città sprofonda sempre di più nella crisi e nella marginalità.
I “miracoli” del commissario
E non è solo colpa della solita politica, anche noi cittadini di questa città ci mettiamo del nostro. Lo dimostra, in ultimo, la storia della raccolta dei rifiuti. Eravamo una città di sporcaccioni incalliti. Ci è voluto un commissario prefettizio (con curriculum da “sbirro”) ad imporre la raccolta differenziata sino a portarla, dopo appena tre mesi, a livello quasi nordico.
Ma questo è solo un esempio: molto altro di buono sta avvenendo a Palazzo di Città in questi mesi di commissariamento applicando solo la legge e il buon senso. Giustificate due considerazioni: la gestione commissariale sta evidenziando tutti i limiti e le manchevolezze della classe politica locale, e siccome essa è lo specchio della città, dobbiamo ritenere che per governare Brindisi ci vogliono i poliziotti, il bastone prima della carota. Se non siamo nello spirito di quella che fu l’Operazione Primavera, poco ci manca. E’ triste ammetterlo, ma la realtà è questa. E veniamo all’avviso ai naviganti.
Le ammucchiate, veleno a lenta azione
Lasciamo perdere le “zacalonghe”, ossia le grandi alleanze, le ammucchiate di liste e sigle. Le vicende di questi ultimi anni dimostrano che mettere insieme tante liste nelle coalizioni teoricamente accresce il numero dei cacciatori di consensi, ma poi costituisce un grande rischio per la solidità delle maggioranze. Verifiche e controverifiche, garanzie di visibilità per tutti, conflitti d’interesse, assessorati per delega e amenità varie, sono il cancro che ha ucciso tutte le maggioranze che si sono avvicendate in questi anni ultimi vent’anni.
Anche le amministrazioni Mennitti non ne furono immuni, basta ricordare, per tutte la vicenda dell’approvazione della prima parte del Pug, quando fu necessario il voto favorevole dell’opposizione Pd. Un rischio, quello della certa ingovernabilità, che si sta correndo anche in questi giorni, col disordinato e confuso tentativo di aggregare sigle e movimenti che sorgono come funghi.
Tutti dicono di volersi impegnare per cambiare le cose, per rinnovare la classe politica, ma non è questo il civismo di cui ha bisogno la città. Così come non basta mettere insieme qualche decina di professionisti di belle speranze (in cerca spesso di incarichi pubblici) per dire che si è mobilitato il meglio, o il “più alto”, per metterlo a disposizione della città. A parte macroscopici conflitti d’interesse e imbarazzanti trascorsi che dovrebbero indurre alla cautela e alla sobrietà, non è questo il salto di qualità di cui la città ha bisogno.
Più che riscoperta del senso civico, è banalissimo e stantio tentativo di occupazione del potere. Per alcuni addirittura un tentativo di acciuffare uno stipendio per tirare a campare. Se la storia insegna qualcosa, i candidati sindaci si tengano distanti dalle cosiddette larghe o larghissime intese. Non sono i numeri, quelli in particolare, a garantire la governabilità.
Quali sono le “squadre” dei candidati sindaco?
Piuttosto si trovi il coraggio di indicare, sin da quando c’è la presentazione ufficiale dei candidati sindaco, quale sarà la squadra di assessori che lo accompagnerà in caso di elezione. E’ vero che la legge non lo prevede, ma è anche vero che non lo impedisce. E’ sotto gli occhi di tutti invece che la ricerca di un assessorato (la cosiddetta visibilità) è un elemento di costante instabilità nelle amministrazioni, ed impone spesso defaticanti trattative tra sindaci e consiglieri della stessa maggioranza per garantire il voto ai provvedimenti.
In più l’abitudine di nominare assessore i più suffragati non limita (anzi!) le degenerazioni insite nel voto di preferenza e non garantisce la nomina dei migliori, dei più validi. Vanno abolite anche le “deleghe speciali”, autentici assessorati occulti, frutto del mercato della visibilità.
Nel recente passato, addirittura, si sono avuti assessori “per conto” di consiglieri, i quali sceglievano di rimanere tali per non incorrere nell’incompatibilità al momento della nomina. E rischiando di perdere, in caso di sostituzione, ogni potere formale. Insomma di doversene tornare a casa senza contare più un tubo. Altrove si è scoperto addirittura che l’assessore “in conto” spartiva il compenso con il consigliere che lo aveva fatto nominare!
Gli unti del Signore
Una personale raccomandazione: tenere lontani gli “Unti del Signore”. In un periodo di astensionismo di massa, dalla politica e dalle urne, se ne vede in giro ancora qualcuno che contribuisce ad allontanare con le sue piroette ulteriormente la gente dalle urne. Sono una specie ormai protetta, che sui giornali –come i seguaci locali di Salvini- hanno una presenza inversamente proporzionale alla qualità e originalità di ciò che propongono e, cosa ancor più importante, ben al di là di ciò che rappresentano nella comunità cittadina.
Il notaio Michele Errico, ad esempio, è il leader di questa categoria. Da venticinque anni a questa parte sta sempre in mezzo, tra i diversi volteggi, memoria permettendo, è stato (dice lui) il fiduciario brindisino di Michele Emiliano, tessera (inesistente) “numero uno” del Pd, da cui è stato espulso, per poi diventare, come Saint Just delle Sciabiche, il tutore della trasparenza e della legalità della sindaca Carluccio e della sua raccogliticcia maggioranza di centro-destra.
Ora, con una serie di sigle che richiamano simpaticamente alla memoria gli orfani di Vittorio Gassman in Brancaleone, dichiara al Pd e alla Sinistra (da cui non è cercato) la sua disponibilità a stare insieme, ma a certe condizioni. Una maniera furbetta per dire: non è che non mi hanno voluto, sono stato io a non volerci andare perché non vogliono “rifondarsi”.
Pensandoci mi viene in mente il mito del mio papà, Peppo Stalin, il baffo più importante del secolo scorso, il quale a Yalta, durante l’incontro dei tre Grandi per spartirsi il mondo dopo la disfatta di tedeschi, italiani e giapponesi, a chi gli rappresentava anche le ragioni del Pontefice, sbottò: “Ma quante divisioni possiede questo Papa?” Scenda direttamente in campo con una sua coalizione, quindi, il notaio Errico, e misuri nelle urne la forza del suo consenso e la validità dei suoi programmi. Il resto è stantio teatrino della politica.
I rissosi grillini di Brindisi
Non illudiamoci che la soluzione dei nostri guai possano offrircela i “grillini”. Anche a non volere prendere ad esempio negativo la qualità dell’amministrazione Raggi a Roma, anche a Brindisi il movimento di Grillo non mostra di essere attrezzato al meglio. I “pentastellati” brindisini, oltre a non avere nessuna esperienza di governo, sono divisi e rissosi, sembrano una succursale di ciò che fu la vecchia Democrazia Cristiana o il Partito Socialista, né la qualità della presenza dei loro rappresentanti in consiglio durante i mesi dell’esperienza Carluccio è sembrata di grande livello.
Appaiono come quattro ragazzi urlanti e rissosi, che scambiano il mondo virtuale (spesso espresso pure in contrasto con la lingua nazionale!) della Rete con la realtà, quella del governo del territorio in particolare, cosa ben diversa e soprattutto più impegnativa. Ora litigano sul voto che ha espresso Fabio Leoci possibile candidato sindaco, e spaccando il capello affermano che la candidatura sarà valida solo se approvata dal padrone (Casaleggio e la sua azienda privata), e non dal democratico voto degli iscritti. Democrazia all’ammasso!
Le elezioni politiche, altro capitolo
Intanto il 4 marzo, tra meno di due mesi, si vota per le politiche. L’assenza di leader, come tali riconosciuti sul territorio, offre altra incertezza. La cautela è d’obbligo, anche perché i soliti noti, tutti rigorosamente non brindisini, sembrano i più attivi e sicuramente saranno ancora della partita. Novità se ne preannunciano poche, e pure inconsistenti. Ancora difficile per qualche brindisino conquistarsi una “medaglietta”. Potrebbe riuscirci, se candidato, l’azzurro Mauro D’Attis, lodevolmente impegnato in favore di Brindisi nella Conferenza europea delle Regioni, ma non perda tempo per marchette di nessun valore, come la inutile passerella per “Brindisi già Capitale”, per di più proposta a Parlamento sciolto. La città merita ben altro e i brindisini più rispetto.