Caro Carmelo Molfetta, vorrei sapere… (di Domenico Urgesi)
Caro Carmelo, ho letto le tue ultime riflessioni dal titolo “E adesso governate!”, pensando di trovarci un aiuto ad orientarmi nelle macerie del dopo 4 marzo, e sono rimasto perplesso:
non ci ho capito niente. Le ho rilette, pensando di trovarci un messaggio cifrato per qualcuno, ma mi è sembrato troppo “criptico”: parli di condizioni o pre-condizioni per il Governo, ne elenchi ben 4; e alla fine mi sono convinto che tu vuoi dire che le condizioni non ci sono, che stiamo andando verso il caos. Le tue riflessioni, secche, finiscono lì: non c’è speranza. Mi sembra un commento lapidario, simile a quello di Renzi la notte della sconfitta, che ne individua le cause all’esterno del PD: -Mattarella che non ha fatto votare l’anno scorso; - Gentiloni che ha voluto una campagna elettorale troppo morbida, ecc.; ma non posso credere che tu la pensi davvero così.
Vorrei chiederti, quindi, di essere più chiaro. A partire da una domanda: il 4 marzo 2018 è successo un terremoto, nella politica italiana, oppure non è successo niente?
Uno come l’avvocato Carmelo Molfetta, che ha combattuto per la sinistra mesagnese, che ha vissuto le contraddizioni del popolo di questo territorio, non può limitarsi ad un’amara considerazione di tipo politicista, escludendo dal ragionamento la situazione del popolo reale. Escludendo, inoltre, la ricerca delle cause reali del terremoto. Io suggerirei di vederne anzitutto i connotati, senza remore. Se il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 rappresentò la sconfitta personale di Renzi, della sua arroganza, e della sua lotta contro la CGIL e tutti i “corpi intermedi”, è innegabile che le elezioni del 4 marzo 2018 rappresentano la sconfitta del “jobs-act”, della “buona scuola”, degli “80 euro”, ecc; ossia la sconfitta della proposta politica dell’intero PD; e la sepoltura definitiva del “partito della nazione”. A questo si aggiunga la sconfitta di chi si è proposto alla sinistra del PD, con una scelta tardiva e malamente giocata sulla scena pubblica. Per prima cosa, si deve prendere atto di questo; e, di conseguenza, aggiornare la proposta politica di chi vuol fare riferimento ad una sinistra socialista.
L’altro fronte, quello di chi ha vinto, ha la responsabilità ancora più grande di dimostrare la capacità di governare: compito improbo per chi (come Salvini) ha come riferimento la destra internazionale rappresentata dall’iper-nazionalismo del presidente Trump. Compito difficile (ma possibile) per chi (come Grillo) si propone come partito anti-sistema, ma promette di avviare la Terza Repubblica, quella dei Cittadini. Mi sembra innegabile che la prima necessità della politica italiana sia quella di mettere al centro i cittadini; e di farli ri-diventare protagonisti. Si tratta di vedere come, in concreto, si vuole dare potere ai cittadini. Se sarà davvero questa la linea programmatica di base del M5S, i circa 400 nuovi parlamentari grillini avranno una bella responsabilità: quella di raccordarsi con gli 11 milioni di elettori che li hanno votati.
Il mesagnese neo-deputato Gianluca Aresta avrà la responsabilità di raccordarsi con i 60.000 elettori del suo collegio, a partire dai 7.000 di Mesagne, pari al 50% dell’elettorato. A questo riguardo, qualche vecchio e navigato democristiano mi faceva notare che questo dell’avv. Aresta è un risultato degno del Bardaro dei migliori anni, quando “don Elio” aveva un appoggio ramificato in vari comitati, alcune parrocchie, nel sindacato cattolico, ecc. ecc.; e il voto veniva acquisito col “porta a porta”. Oggi, nell’epoca della rete, penso che dovrebbe avvenire il processo inverso: dalla rete ai cittadini. Forse Grillo se ne è accorto?
Uno storico stimato e autorevole come Emilio Gentile ha inventato la nozione interpetrativa di “democrazia recitativa”, per sottolineare la distanza che – nell’ultimo ventennio – separa il politico eletto da chi lo elegge: non c’è più una democrazia di base, in un rapporto diretto tra il popolo e il suo deputato, ma un rapporto mediato dalla TV e dalla rete. Su questo terreno, a mio modesto avviso, si giocherà il tipo di società che stiamo lasciando ai nostri nipoti: una democrazia svuotata nel metodo e nel contenuto, come è oggi; oppure una democrazia di base, non verticistica, com’è quella promessa dal M5S. Se è questa la “Repubblica dei cittadini”, è possibile impostare il rinnovamento politico dell’Italia sulle associazioni di base, dando voce politica ad esse.
E perché la sinistra dovrebbe astenersi da questa possibilità? Anzi, non dovrebbe proprio ripartire dai cittadini, dal suo popolo, recitando un salutare “mea culpa”? Se questo è vero, si tratterà anche di dare un nuovo fondamento giuridico ai cosidetti “corpi intermedi”, già previsti dall’art.2 della Costituzione. E, al di là della scommessa politica e sociale di una svolta di tale portata, c’è abbastanza “pane per i denti” di affermati giuristi come Carmelo Molfetta e il neo-deputato Gianluca Aresta.
Perché non provarci? Non si tratta solo del governo di oggi; si tratta del futuro della società. E, in ogni caso, molti dovranno fare un bagno di umiltà. L’alternativa, caro Carmelo, sarebbe di tutt’altro tipo: un neo-autoritarismo di stampo neo-fascista.
Domenico Urgesi