Il bilancio del Comune di Mesagne “Mistero Buffo” a cura di Pompeo Molfetta
Pompeo Molfetta sul suo profilo Facebook ha pubblicato a puntate qualcosa sul bilancio comunale.
Siamo da sempre convinto che i social ed in particolare Facebook non saranno mai in grado di sostituire le testate giornalistiche. Osiamo questa volta pubblicare quanto letto nella convinzione che, comunque, una rivisitazione sulla questione bilancio della Città di Mesagne sia opportuna e necessaria e possa aprire il futuro ad un sereno confronto.
A beneficio di tutti coloro che vorranno approfondire il tema, cercherò di spiegare quali sono le condizioni in cui versano le casse del Comune di Mesagne. Non esprimerò tesi più o meno opinabili ma esporrò dati incontrovertibili che tutti potenzialmente potrebbero verificare poiché i bilanci degli Enti Locali sono pubblici e controllati.
Gli uffici finanziari comunali e gli uffici di Tesoreria infatti, hanno l’obbligo di trasmettere in tempo reale i dati contabili al MEF e questi possono essere visibili a tutti da un semplice PC attraverso un portale dedicato.
I bilanci dei Comuni sono altresì controllati a doppio canale dal collegio dei Revisori dei Conti ( organo terzo nominato dalla Prefettura) che esprime pareri obbligatori su tutti gli atti di bilancio che approdano in Consiglio Comunale e dalla Corte dei Conti che è una sorta di tribunale amministrativo che ha il compito di vigilare sulla corretta tenuta dei conti e sul rispetto delle disposizioni di legge.
La Corte dei Conti può produrre ammende e/o sanzioni che possono arrivare fino alla richiesta di commissariamento dell’ente in caso di gravi e reiterate inadempienze e in caso di dissesto economico e finanziario. Sia i pareri dei Revisori sia le deliberazioni della Corte dei Conti sono atti pubblici.
La Corte dei Conti, sezione regionale di Bari, controlla i nostri bilanci fin dal 2015 ed ha già istruito e licenziato le proprie osservazione sui conti consuntivi 2012- 2013 – 2014 e 2015. In particolare sul consuntivo 2014 siamo stati chiamati a”processo” in audizione pubblica perché la situazione prendeva una china particolarmente pericolosa che andava corretta. Si può tranquillamente aggiungere, per onestà intellettuale, che anche i consuntivi relativi agli anni successivi al 2013, non ancora esaminati dalla Corte, contengono gli stessi elementi di criticità rilevati per 2014.
Quindi i problemi strutturali di bilancio per il comune di Mesagne cominciano dal 2012/’13 e proseguono praticamente immutati fino a tutto il 2017, mentre con l’inizio del 2018 , su esplicita e inderogabile sollecitazione della Corte dei Conti, partono le contromisure correttive approvate dal Consiglio Comunale a gennaio 2018 con la delibera n5/2018 e i cui effetti valuteremo più avanti.
Su quella delibera e sui correttivi da noi apportati la Corte non si è formalmente espressa e questo silenzio attesta virtualmente che le misure approvate dal Consiglio sono accettabili e potenzialmente efficaci (sempre che vengano realmente adottate)
Quali sono dunque le principali anomalie nella gestione dei conti pubblici per il Comune di Mesagne rilevati dalla Corte ?
1) reiterato ricorso all’anticipazione di tesoreria e deficit strutturale di cassa
2) scarsa capacità di riscossione soprattutto sul fronte delle entrate tributarie
3) mancato contenimento della spesa corrente
4) ritardo nella tempestività dei pagamenti
Sono tutte condizioni fra loro concatenate aventi un effetto moltiplicatore come i sintomi convergenti di una malattia grave.
Scarsa capacità di riscossione
Riduzione progressiva delle entrate tributarie. La crisi economica generale produce i suoi primi effetti soprattutto sulla capacità di adempiere agli obblighi fiscali. La gente non paga, non solo per la atavica tentazione di evadere le tasse, ma perché non può pagare. Gli incassi ordinari relativi ai tributi maggiori IMU/TASI e TARI si attestano ormai stabilmente intorno al 60% mentre il 40% delle entrate previste va diritto verso l’iscrizione a ruolo. Di questi carichi tributari iscritti a ruolo incasseremo si e no il 15%. Per fare i conti della serva prendiamo la TARI . Il servizio costa mediamente al Comune circa 5 milioni di euro, le entrate tributarie per legge dovrebbero coprire per intero il costo del servizio, invece rientrano con la tassazione mediamente 4 ml di euro, quindi perdiamo ogni anno 1 ml di euro, su cui recupereremo, come ruoli di evasione, si e no 150.000 euro e non prima di 5 anni.
Effetti analoghi, ancorchè in misura più contenuta, si rilevano su IMU e TASI. In particolare sull’IMU, oltre alla naturale riduzione del gettito, lo stato preleva alla fonte la quota relativa agli immobili cat. D che restituisce con un fondo di solidarietà che non è quasi mai pari al prelievo
.
Il malvezzo di evadere le tasse si estende anche ai tributi minori la cui riscossione è affidata ad una agenzia esterna selezionata con evidenza pubblica . Si registrano evasioni totali o parziali nell’ occupazione suolo pubblico con sedie e tavolini, con i banchi della frutta, con i passi carrai, con le impalcature edili ecc.. si elude anche il pagamento della tassa sulla pubblicità e sulle pubbliche affissioni. Tutto questo anche se i tributi minori dovrebbero esser meglio controllati giacchè la società di riscossione percepisce il suo aggio in funzione di quanto riscuote e quindi avrebbe interesse precipuo a controllare e a riscuotere ma così non è e chi evade continua a farlo
Il problema fiscale principale sulle entrate tributarie non sta tanto nel rilevamento dei dati o sull’accertamento dell’ evasione/elusione ma nella loro riscossione. Sui dati catastali delle proprietà immobiliari e quindi sulla tassazione IMU e TARI c’è un controllo efficacissimo attraverso le banche dati e i software a disposizione degli uffici tributari, per cui difficilmente si sfugge all’accertamento, tanto che annualmente l’ufficio invia 4000/5000 avvisi di accertamento relativi ai carichi di evasione/elusione sui tributi maggiori ma non si riscuote per quanto atteso.
Si può dire, con buona approssimazione, che il capitolo più corposo ed importante delle entrate: i tributi, si è inaridito in 5 anni di un buon 20% per contingenze di carattere generale
Scarsa capacità di riscossione sulle Entrate extratributarie
E’ altresì scarsa la capacità di riscossione sui crediti accumulati da alcuni degli affittuari di immobili commerciali , di immobili di edilizia residenziale pubblica, di immobili comunali concessi ad associazioni e cooperative sociali ecc.. Oltre ai canoni di locazione non si riscuotono le utenze, le sanzioni amministrative, i canoni per i terreni agricoli, i crediti accumulati da alcuni Comuni inadempienti dell’Ambito Sociale n° 4 (a cui pure abbiamo inviato i decreti ingiuntivi) ecc...
Questo vezzo di non pagare i debiti contratti con la pubblica amministrazione è antichissimo e difficile da schiodare. Non pagare è considerato una sorta di rivalsa verso lo “stato vessatore”, è come se i soldi evasi vengono sottratti ai politici corrotti non già agli altri concittadini che pagano regolarmente. Mediamente l’evasore consapevole, non solo non si vergogna ma si sente più furbo degli altri.
In questa consiglia tura, per la verità, abbiamo intensificato il controllo, le diffide, abbiamo cercato di agevolare la riscossioni con generosissime rateizzazioni, abbiamo avviato anche contenziosi ma i risultati sono stati insoddisfacenti poiché non abbiamo spinto sulla leva repressiva. Non abbiamo revocato un solo contratto o sospeso un solo servizio e questo fondamentalmente perché la “politica”, in questi casi, applica più facilmente il principio della tolleranza che il principio dell’ equità e giustizia. E nel gioco delle parti io sono stato dipinto come troppo rigoroso mentre gli altri come benevoli e comprensivi . Fa specie sapere che la gestione commissariale sta andando dritto per dritto con risultati migliori e senza che nessuno possa esprimere quelle pressioni o quelle lamentele che invece dilagavano quando titolare della riscossione era un governo politico.
Fine prima parte
IL BILANCIO DEL COMUNE DI MESAGNE
“MISTERO BUFFO”
Capitolo secondo
Riduzione dei trasferimenti correnti
Questo è un dato che la Corte non cita fra le criticità del bilancio comunale ma che ha una notevole importanza, essendo i trasferimenti correnti il secondo capitolo più corposo delle entrate dopo quelle tributarie. L’applicazione bislacca da parte dei vari governi centrali del principio del federalismo fiscale, dell’ autonomia impositiva, ha fatto si che nel tempo si siano drasticamente ridotte le risorse trasferite dallo Stato e dalle Regioni ai comuni. Il trasferimento compensativo per minori introiti IMU, i I fondi statali per il sostegno agli investimenti e soprattutto i fondi regionali per il diritto allo studio, per il piano casa e soprattutto per il finanziamento dei Piani Sociali di Zona si sono nel tempo ridotti progressivamente in cinque anni di un buon 30%. Il riverbero che questi tagli hanno avuto, soprattutto sul settore dei servizi sociali è stato drammatico e oggi i comuni non sono più in grado di sostenere i livelli di welfare garantiti dai vecchi Piani Sociali di Zona ( ma questa è un’altra storia su cui spero di tornare a parte).
Si potrebbe tranquillamente affermare che mentre una parte delle entrate tributarie proprie dei comuni va coprire il debito pubblico accumulato dalla Stato (che può operare in deficit), i comuni non ricevono più dallo stato un sostegno finanziario congruo e per di più non possono andare in disavanzo tecnico perché hanno l’obbligo del pareggio di bilancio.
I cittadini sono dunque sempre il terminale di ogni manovra economica finanziaria dello stato centrale e ne subiscono sempre gli effetti.
Mancato contenimento della spesa corrente
La spesa corrente in questi anni non solo non si è ridotta ma è modicamente aumentata, questo soprattutto perchè i capitoli che maggiormente incidono sul bilancio comunale sono rappresentati dai costi fissi di gestione che non si possono assolutamente ridurre.
Non si è ridotta la spesa per il personale, nonostante ci siano stati in questi anni un numero elevato di cessati (pensionamenti, trasferimenti e purtroppo deceduti) non reintegrati da nuove assunzioni, questo perché le modifiche delle norme contrattuali sopravvenute hanno fatto lievitare la spesa pro-capite.
Non si è ridotta, ne potrebbe ridursi nelle condizioni date, la spesa per alcuni servizi essenziali come: la raccolta dei RSU ( dove sono cresciuti i costi di trasporto e smaltimento) - la manutenzione del Verde Pubblico – la Mensa ed il Trasporto Scolastico – il Randagismo – le Manutenzioni ordinarie immobili, piazze e strade – i Servizi Sociali – i Servizi cimiteriali ecc... Tutti capitoli di spesa che tendono costantemente ad aumentare perché molti dei servizi citati sono appaltati all’esterno ed il loro costo aumenta per il rinnovo dei capitolati d’appalto che risentono degli aumenti ISTAT, delle leggi di mercato, dell’aumento del costo del lavoro, del costo manutenzione mezzi e via discorrendo.
Non si è ridotta la spesa sociale che il comune di Mesagne virtuosamente e da tempo immemore tiene a livelli alti. Con le stesse risorse proprie di sempre non si riesce più coprire adeguatamente bisogni sociali che sono rapidamente cresciuti per effetto della crisi. In questo settore non sono neanche lontanamente immaginabili tagli, al contrario c’è bisogno di un nuovo modello di welfare che preveda misure efficaci di sostegno al reddito, di sostegno abitativo, di percorsi di inclusione lavorativa, di sostegno alle famigli ecc.. di cui si deve far carico la Regione in primis e tutto il sistema del volontariato e del privato sociale che opera nel settore.
Inoltre la città di Mesagne nel tempo si è attestata su standard di qualità dei servizi a cui è molto difficile rinunciare soprattutto sul fronte dei servizi a domanda individuale, quali il sostegno alla pubblica istruzione (mensa scolastica-trasporto- asilo nido ) al welfare (assistenza domiciliare – disabilità – ricovero anziani ) allo sport, ai servizi culturali.
Altrettanto difficile è pretendere un aumento delle quote di compartecipazione su questi servizi che sono giustamente percepiti come diritti elementari acquisiti e irrinunciabili per i quali i cittadini già pagano le tasse. Quindi l’auspicio posto dagli organi di controllo di portare la quota di co-finanziamento a carico dei cittadini ad almeno il 50% del costo dei servizi è utopia a meno di non voler scatenare una sommossa popolare. Alla sollecitazione in tal senso della Corte dei Conti abbiamo dato seguito prevedendo un aumento calibrato dei tiket’s del 5% con gradualità nell’applicazione a seconda delle fasce di reddito, ma fare di più è difficile.
Per queste ragioni è difficilissimo ridurre in maniera drastica la spesa corrente nei capitoli di maggiore incidenza economica sul bilancio e i predicatori della spending review, che in questi anni hanno blaterato con insistenza accusandomi di inerzia, avranno una brutta gatta da pelare se e quando cercheranno di tagliare.
Naturalmente ci sono anche nicchie di spesa improduttiva che andrebbero tagliate e che io ho cercato di tagliare come ad es. il costo delle stampanti - dei toner, degli affitti inutili, delle consulenze, delle utenze, dell’autoparco ecc.. Questa operazione avrebbe potuto produrre effetti più significativi se fosse stata supportata dalla costituzione di un adeguato centro di costo (osservatorio sulla spesa corrente) e da un piano organico di razionalizzazione della spesa corrente. Questi adempimenti, di stretta osservanza tecnica, purtroppo non sono stati a tutt’ora messi a punto per le condizioni oggettivamente difficili in cui operano gli uffici finanziari, speriamo che lo siano in futuro.
Conclusioni secondo capitolo
Quando si invoca rigore , come ha spesso fatto spesso con giusta ragione l’opposizione, con palese ipocrisia la maggioranza, bisogna sapere bene cosa questo significa. Ripeto!!! Non si può predicare bene e razzolare male. Non fa bene ai conti pubblici dire che tutti devono pagare e poi sostenere nei fatti chi non paga, invocare acriticamente i tagli e poi impedire di farli fare, invitare pubblicamente a risparmiare e poi cercare di allentare i cordoni della borsa per poter di più e meglio accontentare. Ecco di questa ambivalenza politico-amministrativa sono stato maldestramente e un pò ingenuamente vittima ed ho pagato fieramente il conto tenendo però al riparo i conti degli altri.
Fine seconda parte
IL BILANCIO DEL COMUNE DI MESAGNE
“MISTERO BUFFO”
Capitolo terzo
Reiterato ricorso all’anticipazione di tesoreria e deficit strutturale di cassa
Dall’analisi del bilancio in conto competenza, da quanto sopra esposto si registra un dato costante: dal 2013 al 2017 la spesa corrente supera il totale delle entrate correnti in media di 2-3 ml di euro all’anno. Questo disavanzo nel bilancio corrente, anno dopo anno ha svuotato progressivamente le casse comunali ed ha prodotto un deficit strutturale di cassa. Pertanto, per far fronte alla necessità di liquidità, il Comune si rivolge, ormai stabilmente, all’istituto di credito convenzionato con cui apre annualmente un fido: cioè ci prestiamo mediamente 15-16 milioni l’anno per la gestione ordinaria della cassa e quindi per il funzionamento quotidiano dell’Ente. Solo che a fine esercizio non riusciamo a restituirne per intero la somma anticipata e chiudiamo l’esercizio con un debito di 2-3 milioni di euro l’anno che si accollano immediatamente all’anticipazione richiesta per l’anno successivo.
Si capisce che questo è un meccanismo vizioso che non può reggere per molto, tant’è che la legge lo considera uno strumento da utilizzare solo in casi eccezionali e per brevi periodi. Peraltro l’operazione non è indolore perché costa in media 150.000 euro di interessi passivi all’anno. Per queste ragioni la Corte dei Conti invita caldamente il comune di Mesagne a rientrare dal debito e ad interrompere questo meccanismo perverso. Ovviamente per fare questo bisogna invertire il trend dei flussi di cassa: aumentare le entrate e ridurre le spese e questo fino al 2018 non ci è riuscito.
Ritardo nella tempestività dei pagamenti
Il meccanismo contabile per tenere la cassa e non superare i limiti di legge imposti sull’anticipazione di tesoreria è un meccanismo tanto semplice quanto rischioso e cioè: ritardare, ove possibile i pagamenti.
Quando io sono entrato nella stanza dei bottoni, mi sono subito trovato di fronte a due emergenze: un debito fuori bilancio di circa 1,5 milioni di euro contratto nella notte dei tempi per espropri - impropri in zona PIP e un decreto ingiuntivo di circa 1,2 ml di euro dell’ATI S. Bernardo che lamentava ritardi di almeno un anno nel pagamento delle fatture per servizi d’ambito. In più venivano a bussare alla mia porta un sacco di creditori, soprattutto cooperative, imprese, progettisti , che richiedevano o anticipazioni per stati di avanzamento o il saldo per opere pubbliche ultimate, magari consegnate e non collaudate o per servizi resi e non pagati. Inoltre arrivavano sulla mia scrivania le pendenze di contenziosi giudiziari con esito sicuramente nefasto per svariati milioni di euro : contenzioso con le ferrovie , espropri viale Indipendenza, via Irpinia, contenziosi vari per opere pubbliche contestate, richieste risarcitorie per mobbing, ecc ( questo solo per la minima parte che mi riviene in mente). Tutto ciò faceva supporre che vi doveva essere un monte di debiti non del tutto chiaro e non completamente definito, anche perchè il meccanismo del ritardo dei pagamenti, soprattutto per i servizi d’ambito, continuava in maniera sistematica, per cui, era sempre molto difficile fare il punto della situazione (e non solo per me) .
Ma c’è un altro meccanismo perverso che tende a destabilizzare la cassa ed è quello delle anticipazioni. Molto spesso infatti, soprattutto per alcuni servizi d’ambito finanziati dallo stato con i fondi PAC e con i Buoni di Servizio e per alcune opere pubbliche, il comune prima paga le prestazioni e poi lo stato ti rifonde a trance’s i soldi spesi e solo dopo la puntuale rendicontazione delle prestazioni svolte e delle fatture prodotte. Orbene se le rendicontazioni d’ufficio ritardano (e purtroppo ritardano) il comune è costretto ad anticipare somme spesso rilevanti che rientreranno dopo mesi o anni con perdita secca di interessi sulle anticipazioni.
Nel novero dei debiti naturalmente vanno contabilizzati le rate dei mutui contratte con Cassa Deposito e Prestiti nel corso degli anni. Fra quota capitaria e interessi passivi vanno via mediamente 850.000 euro all’anno. Tuttavia il nostro tasso di indebitamento rimane sotto la soglia di sicurezza poiché alcuni vecchi mutui si sono estinti e di nuovi ne sono stati accesi sostanzialmente soltanto due : uno di 1,5 ml per pagare Euroinvest (vecchissimo debito fuori bilancio) e 3 ml del mutuo per il piano- strade in corso.
Fin qui i rilievi posti dalla Corte dei Conti . Da quanto fin qui detto, se si considera il persistente disavanzo fra e entrate e uscite correnti, il ricorso sistematico all’anticipazione di tesoreria mai completamente onorata a fine anno, i debiti ancora accesi per ritardato pagamento e la scure dei contenziosi a perdere, la situazione finanziaria non può che essere considerata drammatica e in parte lo è. Ci sono tuttavia due variabili da considerare che invece hanno il segno positivo e che attenuano la gravità della situazione e sono: il saldo positivo nel calcolo dei residui e il patrimonio immobiliare.
Conto residui e Conto Economico – Patrimoniale
I residui attivi sono le somme accertate in entrata ma non riscosse, cioè tutte le somme attese dal comune e non incassate (praticamente tutto il carico tributario ancora sospeso e non prescritto). I residui passivi sono invece le somme impegnate ma non liquidate ( es. per opere pubbliche e servizi realizzati ma non ancora pagati). Orbene il saldo fra queste due voci è fortemente positivo per svariati milioni di euro e questo rende il comune potenzialmente ricco. L’unica aggravante è che questi soldi, che comunque vanno iscritti a bilancio, sono soldi potenziali di cui senti il profumo ma che, finchè non li vedi, non esistono, non fanno cassa. Comunque sia il Comune vanta credito virtuale per molti milioni di euro anche se il debitore ( il contribuente) è potenzialmente insolvente ( Crediti di Dubbia Esigibilità).
E’ proprio l’iscrizione in bilancio di queste voci che consente il raggiungimento dell’equilibrio finanziario, tanto che e ogni fine anno, nonostante la situazione annunciata, anche il comune di Mesagne chiude il bilancio in pareggio, rispetta gli equilibri e tutti i vincoli imposti per legge. Anzi è possibile che a fine esercizio si abbia, come si ha, un discreto Avanzo di Amministrazione ( risorse sempre virtuali) con cui riesce a coprire i fondi di garanzia ( Fondo Crediti Dubbia Esigibilità, Fondo Pluriennale vincolato) che la nuova contabilità armonizzata impone per garantire l’ente proprio dall’insolvenza dei creditori.
Altro punto a favore che fa dire paradossalmente che il Comune di Mesagne resta un comune potenzialmente ricco, è l’essere proprietario di un patrimonio immobiliare cospicuo. Ovviamente non tutta la proprietà è fruibile ai fini economici, anzi la gran parte di essa ha destinazione vincolata e inamovibile ( scuole, edifici pubblici, chiese, monasteri ecc..) . Ci sono tuttavia immobili di valore che da tempo non sono fruiti e non hanno specifica destinazione d’uso che possono essere venduti per far cassa e che si iscrivono sistematicamente nel Piano delle Alienazioni . Il punto critico è che ad oggi gran parte di essi (i più remunerabili), non sembrano avere mercato ( es. Belluluogo, ex Pretura, Convento dei Domenicani, Misericordia, ex Pinacoteca, Forno ipogeo piazzetta Caniglia, immobile Ricco piazzetta dei Ferdinando, ecc..) per cui alcuni di essi passano dal piano delle alienazioni al piano delle valorizzazioni prevedendone un uso pubblico quasi mai remunerativo anzi spesso dispendioso. Resta il fatto che questa potenzialità è un eredità comunque positiva. (Ho fatto qui una disamina complessiva in unica soluzione per non tediarvi ma su ognuno degli immobili descritti c’è e ci sarà una discussione in corso circa il loro destino)
Queste due variabili positive ancorchè aleatorie ci consentono di dire che certamente la gestione ordinaria in conto competenza è fortemente critica e va corretta ma non siamo di fronte ad ipotesi catastrofiste ( pre dissesto – default) mai peraltro rilevate dalla Corte dei Conti, anzi si può dire che stiamo sulla stessa identica lunghezza d’onda della maggior parte dei comuni messi sotto inchiesta , segno tangibile che più che l’indolenza o l’incapacità dei sindaci può la crisi generale del sistema Italia, può la crisi economica del mezzogiorno d’Italia. Se può consolare la gran parte dei Comuni che abbiamo ascoltato nella stessa audizioni stavano molto peggio di noi avendo proprietà pignorate o montagne di debiti fuori bilancio. E’ cronaca contemporanea il fatto che il Comune di Brindisi deve rastrellare almeno 10 ml di euro per far rientrare i conti in ordine. Tuttavia il “mal comune mezzo gaudio” non attenua la gravità dei nostri problemi che credo siano stati affrontati con grandissimo senso di realismo e responsabilità.
A questo punto Pompeo Molfetta ha preferito pubblicare un link, quello che pubblichiamo appresso
https://www.facebook.com/pompeo.molfetta