Duro giudizio di "No al carbone" sulla regata Brindisi-Corfù.
La regata internazionale Brindisi-Corfu, per noi del movimento No al Carbone, era divenuto l’evento più atteso, l’evento pulito, che riusciva splendidamente a realizzare un evento di livello, da ben trent’anni in costante crescita,
un evento libero dall’ingombrante e lercia presenza di sponsor che con questo nobile sport, la vela, non potranno mai avere nulla a che fare.
Un evento che per noi era una stella polare da seguire e che ci permetteva di contestare le scelte di sponsor dei vari: Medieval Fest, Salone Nautico, Negramaro Wine Festival, per non parlare di Basket, Scherma, Ginnastica Artistica e Calcio Giovanile.
Da oggi questo sogno è stato infranto ed è divenuto un incubo, da oggi la longa manus di Enel e Tap si è impadronita anche di questa nostra eccellenza.
La logica è sempre la stessa, marchiare il territorio per imporre la legge del più forte, una legge non scritta che fa della pubblicità a basso costo il miglior modo per passare da boia a paladini di un territorio.
Non lasciatevi ingannare, i soldi spesi per le sponsorizzazioni sono spiccioli che per queste aziende rappresentano il modo più semplice ed economico per ripulirsi l’immagine e nascondere la loro vera natura nefasta e ci riferiamo per Brindisi soprattutto ad Enel e al devastante impatto economico che subisce il nostro territorio.
Perché se è vero che Enel si vanta di aver ”investito” nel 2014 in città più di 4 milioni di euro per promuovere eventi vari, si guarda bene dall' informarci che le emissioni inquinanti della centrale Federico II - prendendo in esame solo il periodo 2008/2012 - hanno comportato un costo in termini sanitari tra i 1356 e 2940 MILIONI DI EURO.
Nella nostra città si verifica da decenni un corto circuito nel quale la drammatica situazione occupazionale fa si che queste aziende, che di questo declino sono largamente responsabili, siano invece viste come l'unica speranza.
Dunque da quest’anno Enel e Tap si sono impadronite di un altro pezzo della nostra città, si sono impossessate di un altro sogno e lo hanno fatto con la complicità dei figli di questa terra che ancora una volta si sono dimostrati come i suoi peggiori nemici, sarebbe bastato dire no grazie ed andare avanti con la fronte alta e la schiena dritta.
Ci chiediamo come gli altri sponsor e pensiamo per esempio a Tenute Rubino che ha incentrato il proprio sviluppo - divenendo azienda di riferimento – sulla giusta e sana promozione sostenibile del territorio, possa condividere il proprio marchio con chi, invece, della sistematica devastazione del territorio ne fa vocazione, come fa a condividere la sponsorizzazione di un evento con chi ha stuprato decine di aziende agricole disintegrando non solo centinaia di posti di lavoro, ma tutto un tessuto sociale, oltre che eccellenze come lo era il carciofo brindisino, come si fa a coesistere con un azienda che ha privato dell’acqua, con la costruzione di un nastro trasportatore che ha tagliato la falda, un intera comunità agricola.
Il disprezzo verso queste logiche che ci vedono prigionieri di multinazionali che non vogliono lo sviluppo sano del nostro territorio deve partire proprio da quelle aziende che lavorano notte e giorno per promuovere un identità territoriale sana.
Quest’anno dopo tanti anni non sarà più festoso il nostro saluto a questa regata, perchè da oggi il vento sarà pieno di carbone.
Per queste motivazioni chiediamo una risposta forte, sia da parte degli sponsor SANI, sia da parte degli equipaggi delle imbarcazioni.
Dobbiamo pretendere che la Brindisi-Corfù torni ad essere quello che è sempre stata e lo possiamo fare solo con la sensibilità di chi questa regata la vive in prima persona fino all’ultimo respiro.
Invitiamo per questo tutti i partecipanti, uomini e donne, a prendere atto della situazione e a chiedere con forza il ritiro di queste sponsorizzazioni arrivando anche a metterla in discussione una regata concepita con queste logiche. Brindisi ha bisogno del vostro aiuto e della vostra forza perché quando la propria terra è in vendita ribellarsi è cosa normale.