Fatta la FIAB ora bisogna fare i cicloambientalisti italiani

Lettera aperta alle associazioni della FIAB con riflessioni sulla identità e la mission della Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta

Cari presidenti, cari cicloamici, cicloecologisti,

mi inserisco nella discussione riprendendo le riflessioni di Fausto, Valerio, Stefano sulla identità della FIAB

E a queste aggiungo quelle note a tutti di Massimo D’Azeglio: fatta l’Italia ora bisogna fare gli italiani, fatta la fiAb ora bisogna fare i cicloambientalisti italiani.

E si perchè a mio parere non si è riflettuto e teorizzato abbastanza sul cambio di nome: da Federazione Italiana Amici della Bicicletta a Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta.

Che non deve essere solo un cambio di nome ma anche di identità e di codice genetico.

Adesso che fiab significa Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta occorre che ad una identità proclamata seguano azioni pertinenti e congruenti.Non basta a mio parere essere esperti di mobilità sostenibile per essere anche ambientalisti. Chi scrive è un vecchio socio FIAB del Sud Italia e probabilmente quello che scrivo non è percepito con altrettanta urgenza dalle associazioni del Nord.Non dico che non ci sia la sensibilità ambientalista a Nord dico che non ci sono i problemi ambientali così gravi come li abbiamo al sud.Perchè noi del Sud quando usciamo per le strade secondarie le vediamo frammentate da rifiuti abbandonati costellate di abusi edilizi. Vediamo il degrado del patrimonio rurale e paesaggistico. Ma vediamo anche una bellezza unica primigenia. Un paesaggio agrario un patrimonio naturalistico per larga parte ancora integro.Noi del Sud non abbiamo molte pista ciclabili ma in compenso abbiamo un tessuto di strade rurali invidiabili che possono diventare più utili e belle delle stesse pista ciclabili.

E allora cosa dovrebbe fare una federazione di ambientalisti in bicicletta?

Butto alcuni punti ideali programmatici progettuali:

1) Impegnare tutte le associazioni (sud nord e centro) ad una campagna nazionale per la denuncia dei rifiuti e degli abusi che incontriamo lungo le strade secondarie d’Italia (quelle che in inglese chiamano lanes, bike lanes, paths, tracks, trails, sidewalk. Chiedere con forza ai nostri soci di procedere (quasi d’ufficio) a fotografare e geolocalizzare discariche e abusi. Noi con le nostre biciclette possiamo arrivare molto più lontani e molto più profondi di altre associazioni ambientaliste pantofolaie. Perchè noi l’ambiente lo viviamo ce l’abbiamo sotto le ruote e ci rimane attaccato alle suole delle scarpe quando torniamo a casa.

2) A un ambientalista in bicicletta non possono bastare le piste ciclabili. La FIAB dovrebbe sviluppare un concetto più nobile e pregnante di pista ciclabile. Ovvero il concetto di “corridoio ecologico”, “Via verde”. Ovvero di un strada, una via che è si strumento di percorrenza ma anche di salvaguardia, tutela e fruizione del territorio, del paesaggio. E questo concetto va condiviso con gli escursionisti di tutti i gradi e livelli. Escursionisti, CAI, MTB, cavalli, cani gatti. Con gli ambientalisti non pantofolai. Allora il ciclista si trasformerà in una guardia ambientale in un presidio mobile del territorio.

3) Lavorare ad unica grande legge italiana del diritto di passaggio così come ha fatto l’inghilterra nel 2000 ( https://en.wikipedia.org/wiki/Right_of_way ) e tanti altri stati civili. Non è accettabile che uno che ha il fucile in mano (il cacciatore non fraintendetemi) in Italia possa avere diritto di passaggio su orti terreni proprietà private ed un ciclista o camminatore disarmato non sia libero attraversare una strada, un demanio, un terreno incolto.

4) Contribuire con paesaggisti, agronomi, architetti ad una nuova definizione del territorio. Il ciclista oltre che pedalare fa altro. I nostri soci se andate sul gestionale vedrete che  hanno professioni e compentenze diverse incredibili da mettere a frutto.

MI voglio fermare per adesso. Ho lanciato 4 sassolini. Spero la riflessione si possa estendere e accrescere con il contributo di tutti

fatta la fiAb ora bisogna fare i cicloambientalisti

Antonio Licciulli

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