Manifesto4ottobre: lettera aperta a Mons. Domenico Caliandro Arcivescovo di Brindisi-Ostuni
e p.c. A Papa Francesco Città del Vaticano ed a Mons. Nunzio Galantino Segretario Generale CEI
Gent.mo Arcivescovo,
qualche giorno fa, dopo l’arresto di un prete ad Ostuni con l’accusa di pedopornografia, Le abbiamo reiterato una proposta già avanzata nel maggio scorso dopo l’arresto di un altro presbitero per abusi su minori: l’istituzione di una Commissione di indagine che, come avvenuto nelle diocesi di Bressanone e Verona, studi il fenomeno per individuarne le cause strutturali, difenda le vittime, non abbandoni nello stigma gli accusati ed i colpevoli. La pedofilia tra il clero non rappresenta un problema di trasgressione individuale e neppure evidentemente solo una questione “interna”.
Si tratta di un fenomeno che matura in particolari situazioni all'interno di comunità ecclesiali ferendole nel cuore della loro missione per poi investire le intere comunità locali assumendo indubbio carattere sociale.
Avevamo avanzato quella proposta di maggio in spirito di collaborazione, per il bene della chiesa tutta e di tutta la società.
Nell’ultima lettera ci eravamo chiesti se non fosse più giusto procedere rapidamente, dopo le prescritte verifiche, alla sospensione a divinis dell’ultimo presbitero accusato, anche in considerazione di una sua precedente condanna passata in giudicato per reati simili nel 2000. E ciò per rendere più chiara e rigorosa la posizione della chiesa nei confronti di fatti così gravi. Anche questi argomenti sono stati offerti alla Sua attenzione “restando – come precisammo - a disposizione per ogni colloquio, chiarimento e correzione”.
A tale lettera Lei ha così indirettamente risposto nel corso di una recente intervista: "Ci sono alcuni laici che credono di essere più santi degli altri. Le persone di Chiesa, sono uomini umili che capiscono che deve essere garantita la dignità delle persone, la dignità dei bambini che non subiscano scandali e non conseguano ferite che possono fare male nella loro crescita". Una reazione che è per noi motivo di sorpresa e di amarezza perché a chi esprimeva preoccupazione per il grave problema ed in spirito di collaborazione prospettava (a torto o a ragione) ipotesi di possibili interventi, dichiarandosi a disposizione per ogni incontro o "correzione" Lei risponde col rifiuto aprioristico di ogni dialogo e con una accusa ("credono di essere più santi degli altri") che oltre ad essere irrispettosa e gratuita, rasenta il dileggio. Un'amarezza, la nostra, che si fa più cocente per la considerazione che simile trattamento ci viene riservato alla vigilia del Giubileo della Misericordia.
Nella stessa intervista Lei afferma "Quando una persona (un prete, ndr.) è inquisita la Chiesa, restringe le facoltà e gli fa conservare il diritto di celebrare Messa in forma privata, senza i fedeli. Quando la situazione va avanti e si arriva al rinvio a giudizio, il prete viene sospeso “a divinis” in attesa della conclusione del processo. Ed in questo caso, quindi non potrà celebrare la Messa".
“Nel caso poi il prete, all’esito del procedimento, viene condannato per pedofilia, interviene il Papa che riduce il prete allo stato laicale.” E ancora: “Non esiste (la commissione di inchiesta, ndr), esistono i giudici e l’autorità ecclesiastica nell’ordine canonico. A seguito della condanna civile, quella del diritto canonico appesantisce di più, perché toglie al prete la fiducia al suo servizio”.
Le cose non sembrano, però, stare proprio così. Le "LINEE GUIDA PER I CASI DI ABUSO SESSUALE NEI CONFRONTI DI MINORI DA PARTE DI CHIERICI" pubblicate dalla Conferenza Episcopale Italiana nel gennaio 2014 (e che avevamo citato nella lettera di maggio) infatti così si esprimono: "Il procedimento canonico per gli illeciti in oggetto è autonomo da quello che si svolga per i medesimi illeciti secondo il diritto dello Stato. Di conseguenza, il Vescovo, da un lato, non può far riferimento ad atti o conclusioni definitive o non definitive del procedimento statale onde esimersi da una propria valutazione e/o per far valere presunzioni ai fini del procedimento canonico. Dall’altro lato, anche se non risulti in atto un procedimento penale nel diritto dello Stato (ricomprendendosi in esso anche la fase delle indagini preliminari), dovrà ugualmente procedere senza ritardo secondo quanto previsto al numero 1 delle presenti Linee Guida, ove abbia avuto notizia di possibili abusi, al giudizio di verosimiglianza e, se necessario, all’indagine previa e all’adozione degli opportuni provvedimenti cautelari".
Allo stesso modo ci ha sorpreso la Sua opinione secondo cui il reato in questione “è diventato più grave” perché “sono cambiati i tempi da Giovanni Paolo II in poi”. Non possiamo dimenticare, infatti, che la sofferenza delle vittime, di ieri e di oggi, è sempre uguale e che l'aggravamento delle pene per i reati di abuso in danno di minori voluto da Giovanni Paolo II non fu certo disposto per motivi legati ad una diversa valutazione della gravità di tali reati, ma all'esigenza di accrescerne la prevenzione a fronte della loro diffusione e dei diversi scandali verificatisi in molte parti del mondo.
Vicende come quelle che hanno sollecitato le nostre lettere aperte provocano, a noi come a tutti, sofferenza e preoccupazione. Lei certamente converrà che il silenzio e le minimizzazioni, specie all’interno della chiesa, non aiutano a prevenire il ripetersi di queste tristi esperienze e a rimuovere le cause che ne sono all’origine.
Rispettosi saluti.
Brindisi, 4 dicembre 2015
Il Gruppo “Manifesto4ottobre”