Il sindacato, la politica e la questione Meridionale

Siamo all’indomani della crisi di Governo. Il premier Giuseppe Conte, da qualche giorno, ha consegnato le sue dimissioni al Presidente della Repubblica

Sergio Mattarella. Il suo governo era per il cambiamento, ma anche lui, nonostante che avesse istituito un ministero per il Sud, non è stato capace a creare un Piano per il Sud che fosse di prospettiva economica e che avesse una visione più ottimistica sulla questione meridionale. Si chiede, oggi, al governo che verrà, un nuovo modello di sviluppo, più consono, attento e responsabile, pronto ad affrontare in modo equo e su un modello di democrazia sostanziale, le priorità sul fronte del lavoro, della salute e di una popolazione giovanile, che è costretta a lasciare le proprie famiglie.

Il tema trattato in questa brochure vuole, quindi, essere per il prossimo governo, secondo il concetto di modernità, modernizzazione, “spinta vitale” per un rinnovamento costruttivo e dare risposte aperte alla soluzione dei problemi, delle necessità e dei bisogni di sviluppo per i cittadini meridionali.

Siamo però, “in una camera di specchi, con sedie vuote all’interno”. In tale quadro la mia riflessione considera le non poche contraddizioni sui processi di modernizzazione, partendo acriticamente dallo sradicamento disordinato dei singoli soggetti di una civiltà contadina che chiedeva, di non essere degradata e dimenticata, ma rinnovata e modernizzata.

Oggi il suo equilibrio di sfruttamento consente non solo un più giusto rapporto tra uomo e natura, ma potrebbe solidificarsi anche in un’effettiva opportunità e produttività di lavoro per le imprese e per le future generazioni.

L’idea è in una riconsiderazione progettuale sulle vaste risorse di terreni incolti, o ancora non valorizzati, che potenzialmente potrebbero creare nuove opportunità, potenzialità di sviluppo e “centralità territoriale” in un nuovo orientamento e modo di pensare produttivo di mercato economico internazionale.

In tal guisa è giusto, secondo la Uil pensionati di Brindisi “Stu Appia Antica” poter, sicuramente, definire questa scelta come una sorta di “cittadinanza aperta per l’economia”, e quindi occasione e crescita non solo d’infrastrutture e d’investimenti, ma anche “vera” possibilità e corsia preferenziale di sviluppo per il Mezzogiorno e il Paese come prevedibile progettualità da inserire nell’odierno mondo globalizzato.

Il possibile sviluppo economico del Mezzogiorno consentirebbe segnare una nuova linea politica che esca dallo sfinimento per essere “punto d’incrocio e arbitro”, tra l’Europa e il Mediterraneo, per un rinascimento globale da allargare a nuovi canali finanziari e commerciali più aperti e attraente verso le imprese internazionali, a fronte di un individualismo e nichilismo di ortodossia economico, le quali hanno messo a rischio la democrazia sostanziale.

L’apertura al neo-umanesimo servirebbe far riscoprire una civiltà agricola moderna la quale, oggi segnata da radicali fragilità, assistenziali-istituzionale, sarebbe “indicatrice” di sbocco e lavoro per i giovani e le imprese meridionali, rispetto a chi vive al Nord o al Centro-Nord.

Il principio di assistenzialismo-istituzionale scade cosi, nella visione speranzosa di promozione per uno sviluppo del Sud, “chimica vitale, quel fuoco che in passato ha fatto rinascere il Paese dalle macerie della guerra” per dirla con il sociologo Giuseppe De Rita.  Il volere, a ogni costo, di una “Autonomia differenziata delle regioni” in senso federale che, oggi oggetto di confronto politico, costituirebbe una sconfitta per tutti, se dovesse accentuare le distanze tra le diverse parti d’Italia, invece di essere “motore di crescita” per il mezzogiorno che passa anche attraverso un sistema industriale forte, innovativo e sostenuto.

La richiesta delle regioni del Nord vuole, quindi, trattenere tutto il gettito dei tributi di ciascuna regione azzerando egoisticamente le risorse per le politiche di coesione e di solidarietà a favore delle aree più svantaggiate per il Mezzogiorno.

 La finalità è, invece, in una democrazia sostanziale di crescita, di responsabilità, solidale e di cooperazione che riconosca il merito di un “federalismo di sistema” solidale, realistico, unitario e concorrenziale da parte delle diversità esistenti dentro la realtà delle regioni, e nella consapevolezza di riconoscersi interdipendente in un Paese intereuropeo e globalizzato. Solo recuperando il Sud e il suo mercato è possibile avere unitario e dignitoso.

Il Mezzogiorno d’Italia ha una tradizione “verità” e una storia, che dura nel tempo, di cultura economica, finanziaria e artistica, che sono insiti dalle origini fino al re Federico e dal regno borbonico a quello repubblicano, dal barocco fino al verismo per giungere infine a Verga, Pirandello, Capuano, Don Sturzo, Viglianesi, Totò, De Filippo, Sciascia e Camilleri e altri…

In questi modelli istituzionali di equità i nostri padri costituzionali intendevano realizzare la loro visione federalista, che avvia una “spinta vitale per ritrovarsi”. Don Sturzo e Aldo Moro sognavano un sano federalismo con poteri alle Regioni e alle Municipalità territoriali nell’Unità Nazionale che, per loro, la questione meridionale era “collettività”, beneficio, promozione e valore, necessaria per l’Italia e l’intera Europa e non politica dell’interesse e dell’ego sovranista o di un’eutanasia del federalismo dell’Autonomia delle disuguaglianze che umilia le regioni del Sud, impoverisce, disunisce e rende più piccola tutta l’Italia.

Il quadro politico, riguardo a un ventennio fa, però è cambiato. Gli scenari politici sono diversi e i mutamenti richiamano alla scomparsa di alcuni partiti e la nascita di nuove formazioni. Si è avviato, infine, un processo di privatizzazione delle imprese pubbliche come la fine degli interventi straordinari della Cassa del Mezzogiorno, la cui chiusura ha determinato nuovi percorsi sui temi complessi sui sostegni finanziari per il territorio.

Il fenomeno della globalizzazione, che doveva essere portatore di benefici, ha mutato i suoi interessi in egoismi economici, legati a sistemi rigidi tra costi e ricavi e alla crescita della competizione sui mercati internazionali.

L’Europa, invece, ha voluto migliorare la sua Unione a favore di un allargamento dei Paesi riequilibrando gli aiuti e prevedendo finanziamenti a favore di nuovi Stati dell’Unione, purtroppo, più deboli economicamente e depresse.

Nel Meridione la Uil, il sindacato dei cittadini, continua a spendersi di fronte alle emergenze che si vogliono tutelare: la povertà, la disoccupazione e l’emigrazione interna. La speranza è di salvaguardare il bene comune come esigenza della dignità sociale e della società nella sua forma di “polis”, di città, e in particolare dei lavoratori, degli anziani e delle persone non autosufficienti.

Le criticità, però, si addensano in un Sud che ha bassa crescita economica e con una stagnante domanda di lavoro.

La disoccupazione preoccupa la società, le famiglie e i “giovani”, soprattutto fra i venti e 35 anni; la cui continua ricerca di lavoro, accentua il flusso migratorio verso Il Nord e il Centro-Nord. Non è difficile, quindi, individuare le priorità da realizzare nel Meridione, il quale non ha bisogno di essere penalizzato nella crescita umana e lavorativa, ma di essere protagonista attraverso una crescita e forza propulsiva di autentico sviluppo per il territorio.

La questione diventa più grave se i fondi europei si riducono al 10 per cento, se queste risorse invece di essere trasferite per le aziende del Sud, sono destinate alle politiche industriali del Nord.

Anche per questo il sindacato Uil, in questi ultimi anni, è sceso in Piazza portando migliaia di lavoratori, pensionati, giovani sotto le loro bandiere prima a Bari, poi a Palermo e infine a Reggio Calabria.

Il sindacato ha denunciato le disuguaglianze e gli ostacoli per lo sviluppo del Meridione a fronte per un “futuro del Lavoro” ripartendo dal Sud unito al Paese.

 Il richiamo è verso un piano Organico del governo per il Mezzogiorno. La domanda va costruita un programma e per un Piano con obiettivi per il Sud, ancora assenti.

Il sindacato dei lavoratori rivendica la centralità del lavoro come “indicatore prioritario”, simbolo d’intelligenza e di rispetto della collettività sociale, per eliminare il divario e le profonde disuguaglianze sociali, economiche e territoriali che esistono in Italia.

La visione è nella modernizzazione di una voglia di rinascere, portatrice per una nuova realtà concreta, cucita in un neoumanesimo, capace di affrontare le sfide che, sempre più, si allontanano con diversità dai canoni europei, in termini di servizi, formazione e persino di natalità.

La diseguaglianza è uno “scippo grave e depauperante”, causato dai governanti che umiliano il territorio anche attraverso la desertificazione dei giovani e l’allontanamento dei cervelli a fronte di un’emigrazione dilagante e di una crescita d’immigranti.

Due milioni di cittadini lasciano le loro famiglie in cerca di lavoro verso il Nord e altri Paesi; il tutto avviene con la più grande indifferenza della classe politica nazionale e dei mass-media, mentre gli Enti Locali sono depauperati dalle risorse nazionali e dai fondi europei.

Il territorio ha bisogno di giovani. I giovani sono il nostro futuro. Questi non sono una classe alienante, ma hanno bisogno dai politici di una politica di prossimità e non di approssimazione. All’estero i nostri ragazzi ricevono accoglienza, credibilità e onori e non di oneri.

In questi ultimi anni molti dei nostri giovani hanno alti riconoscimenti internazionali e premi nobel in molte discipline: tecnologie, sanità, economia.

Per migliorare occorre affinare le competenze Non è perseguibile, però, lasciare un territorio lasciato a pezzi, senza una rete stradale, una linea ferroviaria e ospedali di qualità a fronte delle regioni del Nord, più competitive rispetto a quelle dell’Unione Europea e molto reclamizzate dai Mass media: reti di collegamenti ad Alta velocità.

Nel Mezzogiorno delle 37 grandi opere programmate negli ultimi 15 anni, soltanto undici sono stati realizzati. I fondi europei d’industria 4.0, che sono strumenti utili per affrontare situazioni a vantaggio del Sud, sono stati dislocati alle imprese del Nord, lasciando il Mezzogiorno senza investimenti produttivi e assunzioni a tempo indeterminato, e riducendo le famiglie a rischio di povertà assoluta e con giovani disoccupati che non chiedono altro che un lavoro vero e stabile.

Ieri il presidente dei ministri Giuseppe Conte si è dimesso aprendo una crisi di governo senza dare una soluzione esaustiva sulla questione meridione da risolvere urgentemente non come “questione di emergenza delle differenze”, ma come “questione nazionale” per un pronto sul piano d’intervento sul lavoro, sull’equità e sulle pari opportunità.

La Uil pensionati di Brindisi Stu Appia Antica è per un governo stabile che garantisca “lavoro e modernizzazione”, parole”chiavi”, che sono state utilizzate, ma oggi dimenticate, subito dopo la seconda guerra mondiale, a vantaggio di uno sviluppo da “creare rispetto all’arretratezza socio-economico industriale vissuta”.

Oggi, come un tempo, i giovani prendono le valigie; si salutano e abbracciano i propri cari con rimpianto per un avvenire che non si sa, dovuto a egoismi territoriali e a incapacità politiche che hanno provocato ritardi, nel cambiamento socio-economico territoriale, solo che allora, il Sud era ancora arroccato in “una civiltà di pescatori senza barca e di contadini senza terra”. (O. Ottieri, Donnarumma all’assalto, 1959, p.151).

La sfida al processo di modernizzazione avvenne dopo, con l’inserimento dei principali settori produttivi dell’industria moderna, della chimica e petrolchimica, questi hanno lasciato speranze, perplessità e delusioni nei più importanti centri meridionali di Gela, Siracusa, Milazzo e Brindisi, nella siderurgia di Taranto e Bagnoli e nell’automotive di Pomigliano e Melfi.

Il percorso innovativo si attestò anche nel ruolo culturale del sindacato a favore dell’integrazione per l’industria nel tessuto sociale come nei rapporti sui patti territoriali.

Una nuova apertura sindacale, arricchitasi con la sua crescita nell’industria rappresentativa, sostenuta dalla cultura socialista e cristiano-sociale, si è affermata attraverso una contrattazione collettiva, che ha edificato “una vera e propria cittadinanza industriale” e parte coercitiva della “cittadinanza politica e pluralista”.

L’impresa industriale occupa un posto centrale in Puglia e a Brindisi. L’Industria chimica di Brindisi fu avviata alla fine degli anni Cinquanta, Montecatini, Monteshell e nel 1959 la costruzione dell’impianto Polymer, con un intervento complessivo di oltre 180 miliardi di lire, con oltre 4 mila addetti da recuperare nei comuni di area brindisina e delle province limitrofe di Bari, Lecce e Taranto. L’impianto era destinato alla produzione di materie plastiche (quali polipropilene, polietilene, solventi organici), per complessive 700.000 tonnellate all’anno di derivati dal petrolio.

Inoltre in seno al disegno e costruzione di altre infrastrutture si prevedeva un’occupazione di oltre 15 mila lavoratori, al quale progetto, s’inseriva anche la progettazione di una potente centrale termoelettrica.

In questi ultimi anni con l’emersione dei problemi di esternalità sull’ambiente e sulla salute il trattato di Parigi ha chiesto la dismissione degli impianti e la diversificazione degli impianti dell’Enel come di quelli dell’Ilva di Taranto, di Bagnoli e di altre aziende dell’indotto industriale del Mezzogiorno nella speranza di una nuova compiuta modernizzazione e di aree d’intervento sullo sviluppo industriale avanzato.

Intanto l’emergenza occupazionale non solo non trova soluzione, ma si aggrava, poiché manca una visione alla soluzione delle crisi aziendali, in particolare per l’inserimento delle nuove tecnologie digitali.

La speranza è nel “saper fare” un sistema condiviso tra Imprese e sindacati in una “politica d’intervento-emergenza per un Patto sociale”, capace di affrontare le sfide in un nuovo modello di sviluppo condiviso e innovativo su “ricerca e formazione” aperto alle università e alle aziende del Sud. In questo progetto le Banche/Istituzione/Imprese chiedono risorse anti-crisi per avviare i cantieri e per creare opere e infrastrutture e reti collegamento a favorire l’integrazione delle merci e dei cittadini riducendo costi aggiuntivi che lievitano le nostre capacità competitive meridionali.

Tutto ciò è essenziale, anche per favorire il Turismo oltre alla viabilità del trasporto merci. Occorre quindi, non solo un piano esaustivo di accoglienza, ma la realizzazione di autostrade come la Napoli-Bari per la Statale Ionica, la costruzione di ferrovie, di ospedali, trasporti, porti e macroarea aeroportuale e di tutto ciò che dia lavoro e lasci i giovani a restare nel proprio paese e possano formare una famiglia nella propria terra d’origine.

Alle istituzioni e ai governanti del Sud si chiede di essere protagonisti del proprio riscatto e di amare la propria terra.

La Uil pensionati di Brindisi Stu Appia Antica chiede unità del Paese e solidarietà e non “Autonomia differenziata delle regioni”. Il sindacato non è per l’”Assistenzialismo-Istituzionale”, ma per la condivisione a fare sistema dei valori nella concretezza delle poche risorse disponibili e nella reale consapevolezza del Pil inadeguato con cui poter attingere a condividere la “centralità” per il Piano del Sud.

È necessario un nuovo protagonismo sociale e della società civile, che faccia “sistema per crescere insieme”, com’è avvenuto nel 1989, la cui risultanza ha fatto sperare in una nuova crescita e in una riduzione del divario tra il Sud e il Nord d’Italia. La questione meridionale, oggi, diventa “questione morale” come “diritto sui diritti” che nel passato è stato indispensabile per mantenere l’impegno sul lavoro: “Oggi è questo fuoco che manca, la spinta dal basso a camminare e crescere, la fiamma imprenditoriale e la fiamma dell’innovazione tecnologica”.

 Certo, non è lo zero virgola del Pil, ma sono i volti dei giovani che esprimono fiducia nel voler formare la propria famiglia, che è “forza di riscatto” per lottare a fronte di una società liquida e vincere l’amarezza dell’emigrazione.

In questo impegno la Uil chiede di aprire una “Breccia” e rinnovare le urgenze nelle politiche solidali per il Sud, al fine di generare iniziative auto-propulsive di “cittadinanza attiva”, di sviluppo, di solidarietà e di sussidiarietà di cui il territorio ha bisogno.

Il richiamo è al senso di responsabilità per una solidarietà esigibile di “giustizia piena”nei rapporti di lavoro in un’industria intelligente 4.0, in un’apertura verso un turismo accogliente e ospitale, ma soprattutto in riferimento all’avvio di un’economia agraria meridionale innovativa e Benessere comune, inteso come Bene di “noi-tutti”, secondo la Lettera Enciclica di Benedetto XVI “Caritas in Veritate”.

Un Bene Comune che rafforzi le potenzialità delle regioni meridionali nel contributo allo sviluppo del Nord per la crescita dell’intero Paese. La prospettiva è, quindi, in un’ottica efficace di opportunità sotto un profilo risolutorio e definitivo e non d’isolamento che taglia il Mezzogiorno dai grandi processi di sviluppo. La fase risolutoria è nel “fare sistema insieme”, unendo il patrimonio culturale di cui noi disponiamo, le nostre potenzialità e intelligenze di capire, di programmare e farsi carico di obiettivi e finalità, che stanno alla base dello sviluppo vero e giusto da raggiungere da tutti e alla portata di tutti.

Giova ricordare che, nonostante lo sviluppo diversificato, anche il Meridione chiede alla politica “realismo e senso di responsabilità” nel concetto di un’unità per una visione di crescita che tenga conto del contesto internazionale in una prospettiva di protagonismo nell’Unione Europea e del mercato mondiale. La sua allocazione di “centralità” è soprattutto nelle sue risorse umane inutilizzate e nel ritorno delle sue eccellenze emigrate nel Centro Nord e all’estero che potrebbero concretizzare produttivamente il territorio da riscoprire e rivalorizzare la ricchezza equo-industriale, il patrimonio e il futuro culturale, l’agricoltura, lo spirito di solidarietà della nostra terra accogliente e senza dimenticare il clima, il mare, il porto e le macroaree portuali, risorse tipiche del nostro ambiente naturale. È necessario richiamare alla memoria che il Sud, nonostante le sue difficoltà economiche, il tasso di natalità e il suo Pil decrescente, si muove nella fiducia di avere un ruolo importante.

L’attesa è verso che guardi il rinnovamento per superare le chiusure e le inerzie della politica, ma nel segno dell’interscambio, di mutuo soccorso, di arricchimento solidale e di sussidiarietà per una società civile, come forza vitale e di vita sociale.

La speranza è nella soluzione della questione Meridionale nella sua forma propulsiva di sviluppo, segno raffinato di giustizia sociale, di equità territoriale e di rispetto delle differenze regionali.

La Uil pensionati di Brindisi ha fiducia nella democrazia sostanziale per una “rimozione degli ostacoli” sui valori di rispetto dei lavoratori, degli anziani, degli ammalati e delle persone non autosufficienti, ciò alimenta in noi il nostro spirito sindacale che infonde coraggio, rassicura sicurezza e capacità di proselitismo in un dialogo continuo di confronto resistente al male e speranzoso nei valori oltre ogni ostacolo e difficoltà nella capacità di affrontare anche la morte com’è accaduto a Bruno Buozzi.

                                              

Il segretario della uil pensionati “Stu Appia Antica

Tindaro Giunta

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