Cgil: «Il Reddito di cittadinanza va migliorato, non cancellato»
Lo «sport» in voga di questo ultimo scorcio d'estate di certa politica, quello di «affamare gli affamati» non ci appassiona per niente,
anzi è totalmente rivoltante. Respingiamo al mittente, a proposito del «teatrino» sul Reddito di cittadinanza questa forma di «odio verso chi è povero». Per via di due ragioni fondamentali, non solo nessuno – crediamo - si augura o gode nell'essere povero, ma in questo Paese, al Sud in particolare ed in questa provincia, anche quelli che lavorano, son poveri e sono comunque tra quelli che pagano le tasse al posto di altri.
E' in atto, per scopi meramente elettoralistici probabilmente, un accanimento ingiustificato contro un provvedimento che costa 7-8 miliardi all'anno, che toglie dalla povertà a 3,5 milioni di persone perché dicono «non crea lavoro». Ci chiediamo, ma se il lavoro ci fosse ci sarebbe bisogno del reddito di cittadinanza?
Quanti, tra i delatori, parlano di persone che percepiscono il Reddito di cittadinanza e rifiutano il lavoro dicono una castroneria a meno che in Italia non si offrano lavori a stipendi da fame, che chiunque farebbe bene a rifiutare perché saremo nel campo della schiavitù e non del lavoro. Circa la fandonia del «nessuno ha trovato lavoro»: di quei 3,5 milioni di percettori di Reddito di cittadinanza (RdC), solo 1,1 è nella fascia lavorativa utile. Il resto sono in larga parte disabili e anziani. Tra quell'1,1 milioni di persone che nell'ottobre dello scorso anno, nonostante la pandemia, avevano trovato lavoro – con un contratto pressoché precario –, c'erano 350 mila persone. In provincia di Brindisi i percettori RdC in nel 2020 sono 12.052 e fino a luglio di quest'anno invece sono stati 6.644. Numeri importanti rispetto alla povertà galoppante nel nostro territorio, di gente che è stata strappata alla povertà ritrovando un nuovo protagonismo sociale.
Certa politica farebbe bene ad interrogarsi e farsi un serio esame di coscienza prima di «sparare sulla Croce rossa», circa la propria inadeguatezza ed incapacità di risolvere il problema del lavoro in questo Paese. Perché una cosa è chiara non è il Reddito di cittadinanza a creare lavoro ma sono gli investimenti pubblici e privati. In questo territorio è necessario che arrivino investimenti con il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) per rimettere in moto l'economia.
A che serve parlare quindi di «Salario minimo» quando ci si trova di fronte ad un lavoro povero? Come Cgil Brindisi abbiamo sempre sostenuto il «lavoro buono», un lavoro che per diritto deve essere adeguatamente retribuito. Diciamo basta a questi stipendi ormai anacronistici, occorre una seria politica di redistribuzione del reddito, la fine di tanto precariato, una maggiore inclusione sociale.
Diciamo «No alla cancellazione del Reddito di cittadinanza», anche se siamo d'accordo sul fatto che lo strumento vada migliorato. Avere uno strumento per combattere la povertà è una cosa importante. Anche dopo la pandemia che ha aumentato la fascia di povertà in questo paese.
Crediamo anche che Navigator - viste le loro competenze di alto profilo - vadano utilizzati come perno principale nelle nuove politiche attive del lavoro stabilizzandoli, su Brindisi ad esempio, dove - tra tante difficoltà - hanno dato un apporto importante ai Centri per l'impiego ed all'ascolto per la collocazione dei percettori del Reddito. E che nell'ottica del potenziamento dei Centri per l'impiego si
possa recuperare sulla mancata continuità lavorativa del personale della Santa Teresa che prestava lavoro lì ma la Regione non ha inteso prorogare il loro rapporto di lavoro.
Uno dei problemi nuovi che si è creato è che si è poveri pur lavorando. C'è un problema di salari bassi. Quindi «sì» ad una riforma fiscale degna di questo nome, «sì» ad interventi che riqualifichino le filiere produttive per restituire salario a chi non c'è l'ha.
Siamo un Paese che, al contrario di tanti altri, ha i Contratti collettivi nazionali di lavoro ed ha la contrattazione di secondo livello: occorre una legge sulla rappresentanza e si dica che i CCNL diventino per legge contratti fatti da sindacati (Cgil, Cisl e Uil) e datori di lavoro che siano certificati.
Antonio Macchia
Segretario Generale