Breve ricordo di Giovanni Antonucci: giurista e storico mesagnese. (di Domenico Urgesi).
L’8 marzo del 1954, 60 anni fa, si spense Giovanni Antonucci. Ne vogliamo tratteggiare i lineamenti essenziali, sia nel campo storiografico generale che in quello locale. Non possiamo, in un breve ricordo, illustrare gli oltre quattrocento studi che egli pubblicò; faremo accenno ai principali. E vogliamo sottolineare che questo è solo un breve ricordo, giacché se volessimo scriverne approfonditamente dovremmo riempire interi volumi. Poiché alcuni sono già stati scritti, ad essi rinviamo chi volesse approfondire l’opera dell’Antonucci*.
Brevi cenni biografici: Egli era nato a Mesagne il 1 maggio 1888 (pur risultando all’anagrafe il 5 maggio). Aveva frequentato gli studi medi a Lecce e quelli universitari a Roma, dove nel 1913 si era laureato in Giurisprudenza con una tesi su «La magistratura bajulare nell’antico comune napolitano durante il periodo normanno-svevo».
Nel frattempo aveva partecipato alla guerra di Libia, col grado di tenente. In quella guerra aveva trovato la morte (insieme ad altri dimenticati mesagnesi) il tenente Ugo Granafei, rampollo di nobile famiglia mesagnese. Per ricordarne la memoria, a Mesagne ci fu un certo fermento, che condusse l’Antonucci a fondare la biblioteca popolare “Ugo Granafei”, insieme col medico Francesco Morgese, l’avv. Giovanni Profilo, il farmacista Vincenzo Cavaliere, l’avv. Federico Profilo e il sig. Giuseppe Capodieci. Quella esperienza “popolare” confluì, un ventennio dopo, nella vecchia Biblioteca Comunale “Epifanio Ferdinando”, alla quale diede il nuovo nome ed i pochi libri superstiti.
Antonucci, nel 1915, fondò e diresse la rivista «Castrum Medianum», di cui videro la luce due soli numeri (l’Italia era entrata nella Grande Guerra, e anche l’Antonucci vi partecipò).
Dal 1917 al 1919 ebbe l’incarico di giudice istruttore nel Tribunale di Genova, dove si sposò. Successivamente fu pretore a Cava Manara (Pavia) fino al 1921, quando si trasferì a Milano con la carica di giudice; dalla fine del 1923 ebbe l’incarico di Pretore-dirigente a Bergamo, che conservò sino al 1941.
Poi passò a Sampierdarena, con la carica di Primo pretore, ufficio tenuto fino al 1951, quando fu nominato Consigliere della Corte d’Appello di Genova, nella quale esercitò le funzioni di Presidente di sezione. Si spense a Sampierdarena l’8 marzo 1954.
Il contributo storico
Non ancora laureato aveva pubblicato, sulla «Rassegna Pugliese di lettere e arti» (1911), il “Saggio di una bibliografia crociana”, un’attenta bibliografia di Benedetto Croce; nel «Corriere delle Puglie» (1912) pubblicò vari articoli su “Le necropoli messapiche”, “Il problema delle specchie e gli Iapigi”, “Popoli preiapigi nell’antica terra di Puglia”; su «La Democrazia» (1911) pubblicò “La Monografia mesagnese di P. Serafino Profilo”, nel 1913 “Curiosità mesagnesi”, e poi in rapida successione “Tradizioni popolari mesagnesi” e “Spigolature storiche mesagnesi”.
Su «Apulia», nel 1912, scrisse un primo saggio su “Mesagne e il problema della sua antica denominazione”, successivamente ampliato in una monografia, nel 1913. Nella stessa rivista scrisse sul “Floklore giuridico mesagnese” (1914-15). Ne «Il Corriere Meridionale» (1912) aveva scritto “Curiosità storiche mesagnesi”, note di folclore, poi riprese anche sulla «Rivista Storica Salentina»(1914) con “Appunti di folklore mesagnese”.
Con questi studi, Antonucci manifesta subito la vocazione di erudito, di storico e di giurista; una vocazione caratterizzata, quindi, da una nota che accompagnerà sempre l’appassionata fatica del ricercatore: la curiosità per il folclore giuridico; in esso l’Antonucci rileva spesso le fondamenta delle leggi. Un campo di ricerca pressoché nuovo, se si esclude Vittorio Scialoja.
A questo interesse egli unì, quando poté aver accesso agli archivi giudiziari, un altro filone di ricerca: la possibilità di ritrovare, nei processi e nelle sentenze, avvenimenti, piccole storie, reminiscenze rivelatrici di riferimenti storici più ampi, sia sul piano umano, che su quello storiografico.
Negli archivi aveva, comunque, già scavato a Lecce, specie fra le carte riguardanti il Risorgimento. Frutto di quelle ricerche furono gli: Aneddoti e figure mesagnesi durante il Risorgimento. 1. Tra Sanfedisti e Giacobini, pubblicati a puntate ne «La Provincia di Lecce» (1916), continuati sulla stessa testata con Aneddoti e figure del Risorgimento Salentino (1917), ripresi nel 1923 sul periodico di Pietro Palumbo, la «Rivista storica salentina». La pubblicazione di questi studi non fu, però, completata dall’Antonucci: un po’ per la Guerra, un po’ per le vicende private, essi si fermavano ai primi anni dell’Ottocento. Un manoscritto inedito, ritrovato fortunosamente negli anni scorsi, databile agli anni degli impegni di lavoro a Milano, ne ha permesso il completamento fino al 1860 (vedi Dall’antico regime allo Stato costituzionale unitario, Lecce, Società storica di Terra d'Otranto, 1997, a cura di E. Poci, M. Vinci, D. Urgesi).
A Bergamo, egli ebbe la fortuna di “scavare” negli archivi della Biblioteca «Angelo Mai» e in quelli giuridici. Ne scaturirono studi quali:
-Folklore giuridico. La percossa nuziale, in «Emporium» 1924;
-I brusa la ‘egia’, in «Rivista di Bergamo» 1924 [sul rito del bruciare la vecchia in quaresima]
-Proverbi giuridici bergamaschi, ivi;
-L’origine del significato delle corna, in «Athenaeum» 1924 e 1925;
-Kalendae Januarii: carnis levamen-charivarium, in «Floklore italiano» 1926 [sul termine “carnevale”;
-Le antiche corporazioni di Bergamo, eMescolanze etniche: il diritto dei fanciulli, in «La voce di Bergamo» 1926;
-Per la storia della proprietà privata in Bergamo nel secolo XIII, e Una danza macabra a Cassiglio, in «Bergomum», 1929;
-Il sordo che ci sente, e I Pagani della toponomastica,in «Il Marzocco», 1929.
A quest’ultima rivista fiorentina, il Nostro collaborò intensamente, con la rubrica “Commenti e frammenti”. Nel 1931 vi scrisse ancora sul carnevale (La leggenda di Carnevale); e nello stesso anno vi scrisse, fra l’altro, Usanze nuziali di Basilicata, eDisciplina scolastica medioevale, eTollere liberum [usanza romana di mettere a terra il neonato, che veniva immediatamente preso dal padre e sollevato in alto]; e ancora Maggio e Maiuma, Sulle scampanate, Charivari [la maschera che disturba le nozze dei vedovi], Calen di marzo, Revertalia [usanza nuziale lombarda].
Nel 1932 vi scrisse: Chi è a dozzina non comanda, Né di Venere né di Marte, Vustu castigarlo? Maradilo, La regina di Maggio, La percossa nuziale, Il ratto dello sposo, ecc.
Questo interesse per il folclore giuridico è presente su altre riviste.
Infatti, nel 1931 su «Bergomum» aveva scritto, fra l’altro:
-Per la storia delle usanze nuziali del Bergamasco;
-Tradizioni giuridiche: Le pietre di confine.
Questa stessa rivista lo vide impegnato, in quegli anni, su temi di diritto romano e medievale; su questi temi furono numerosi gli articoli pubblicati anche sulla rivista pavese «Athenaeum». Nello stesso periodo collaborò alla siciliana «Folklore italiano», a «Lares», e all’«Archivio V. Scialoja», con lo studio delle tradizioni popolari connesse al diritto agrario.
La struttura di questi scritti, in linea di massima, è sempre la stessa: Antonucci trascrive il documento e ne dà una breve interpretazione e lettura critica. Come ha notato Pier Fausto Palumbo: «…Sia che si occupi di questioni giuridiche, come di letterarie, storiche o artistiche, i suoi scritti son sempre brevi, il più spesso brevissimi: il maggior rilievo va al documento; quasi che l’analisi di esso dipenda dalla sua miglior lettura».
Negli stessi anni, l’Antonucci non si allontanò dai temi storici legati al Meridione e alla Puglia. Nel 1929 pubblicò, per i tipi di un editore bergamasco, la rarissima miscellanea Curiosità storiche mesagnesi, contenente tre saggi: Il martirio di Sant’Eleuterio, Da Goffredo di Conversano a Tancredi di Lecce, Sui possedimenti dell’Ordine Teutonico.
Nel primo saggio si dimostra, documenti alla mano, che il martirio di S. Eleuterio non avvenne a Mesagne e si ipotizza che il suo culto fosse stato qui introdotto dai Bizantini, insieme a quello di San Nicola Vetere.
L’ultimo saggio (sui Cavalieri Teutonici) è una garbata polemica con Primaldo Coco; in esso si precisano e chiariscono, sempre documenti alla mano, alcuni punti controversi sulle date dell’avvento dei Teutonici a Mesagne e sulla entità dei loro possedimenti, anche in rapporto al castrum(un saggio fondamentale per chiunque voglia cimentarsi con la storia del castello di Mesagne). Sia il primo saggio che quest’ultimo rappresentano un solido progresso rispetto alla Messapografia del Profilo.
Nel secondo di questi studi (Da Goffredo di Conversano a Tancredi di Lecce), l’Antonucci affronta un tema su cui insisterà più volte: delineare, nel silenzio e nell’ambiguità delle fonti, il periodo normanno della storia di Lecce, il suo ruolo nelle vicende della feudalità normanna pugliese, e in particolare gli anni tra la nascita di Tancredi e il suo avvento al governo della Contea di Lecce.
Quello sui Normanni fu uno dei due filoni “pugliesi” della ricerca dell’Antonucci (l’altro fu quello sul Principato di Taranto). Egli – riprendendo la tradizione salentina espressa da Giovanni Guerrieri e da Ferrante Tanzi – fu un fervido tessitore nella ricostruzione della genealogia, e della successione, dei Conti della Contea di Lecce. Nel ‘33 ripropose questo tema nell’ «Archivio storico per la Calabria e la Lucania» con Goffredo conte di Lecce e di Montescaglioso.
(continua)
*Per la biografia e la bibliografia completa di Giovanni Antonucci, cfr P. F. PALUMBO,
Patrioti, storici, eruditi, salentini e pugliesi, 2a ed., Fasano 1996.
Cfr., pure, gli interessanti carteggi, a cura di A. PUTIGNANI, Lettere di Giovanni Antonucci a
Cosimo Acquaviva (1932-38), in A.A.VV., Studi di storia pugliese in onore di Giuseppe Chiarelli, vol. VII, Galatina 1980, pp. 49-195; e di C. D’ANGEIA, Lettere di Giovanni Antonucci a Cosimo Acquaviva (1939-53), in «Cenacolo», n.s., III, 1991.
Studi più recenti sono in Giovanni Antonucci: la figura e l’opera. Atti del seminario di studi (Mesagne, 8-9 novembre 1991), a cura di G. Giordano, C. Marangio, A. Nitti, Mesagne 1999.
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