Ebru Timtik, avvocata per i diritti umani, muore per aver “reclamato” un giusto processo
la coraggiosa avvocata per i diritti umani, Ebru Timtik, ha resistito 238 giorni senza toccare cibo. Il suo cuore ha cessato di battere il 27 agosto, nell’ospedale di Istanbul dove era stata ricoverata, dopo il trasferimento dalla prigione numero 9 a Silivri.
Si è battuta per il riconoscimento dei diritti umani nel suo paese, protestando per chiedere un processo equo.
C’è una data in cui la giustizia in Turchia è diventata più ingiusta di prima: il 15 giugno 2016, questa data rappresenta lo spartiacque fra la libertà e la negazione dei diritti umani. In questa data è fallito il colpo di Stato che è divenuto il pretesto per imporre un controllo oppressivo nei confronti di giornalisti, avvocati ed accademici che si oppongono a Erdogan.
Timtik, solo perché aveva difeso dei cittadini a tutela dei loro diritti, era stata condannata a più di 13 anni di reclusione con l’accusa di presunti legami con il Dhkp-C, organizzazione di estrema sinistra considerata gruppo terroristico dalle autorità turche.
In carcere dal 2018 con una condanna a 13 anni per presunti reati connessi al terrorismo, Ebru Timtik era in attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale e aveva dato inizio al percorso, oramai tristemente noto, dello sciopero della fame, assieme a un altro avvocato e compagno di lotte, Ayraç Unsal.
Ebru Timtik – come già detto - reclamava un processo equo, in quanto l’accusa nei suoi confronti si basava sulla testimonianza di una persona che successivamente si era dichiara non attendibile a causa delle sue condizioni mentali.
Il suo arresto era avvenuto insieme a quello di altri 18 colleghi per il suo impegno nella difesa dei diritti civili in Turchia. La Corte costituzionale turca aveva respinto la richiesta di rilascio a scopo precauzionale sia per lei sia per il collega Aytaç Ünsal, entrambi in sciopero della fame, nonostante le loro condizioni di salute fossero già molto critiche.
In molti si sono mossi per loro affinchè la situazione non precipitasse, purtroppo il cuore di questa donna non ha retto.
Il pensiero della CGIL Brindisi a tutti quegli uomini e quelle donne che sono costretti a mettere in gioco la propria vita pur di schierarsi contro le violazioni dei diritti umani, civili e a fianco delle lotte sociali e dei lavoratori. La dignità umana e il rispetto alla vita sono condizioni necessarie per lo sviluppo della civiltà. Chi si macchia di tali crimini, direttamente o indirettamente, commette gli stessi errori del passato.
F.to Il Segretario Generale
Antonio Macchia
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